Un altro miliardo messo nel conto del Tav (Treno alto velocità). E nessuno al momento ha spiegato il motivo. Così, il Parlamento ha chiesto al governo di vederci chiaro. La commissione Trasporti di Montecitorio vuole sapere per quale motivo la previsione di spesa è aumentata dai 4,4 miliardi, stimata nell’Allegato Infrastrutture del Documento di Economia e Finanza (Def), a 5,6 miliardi di euro; suddivisi in 854 milioni per studi ed indagine geognostiche e 4,8 miliardi di euro per la realizzazione dell’opera principale. L’incremento dei costi è contenuto nelle pieghe del contratto di programma 2012-2016, firmato dal Ministero delle Infrastrutture e da Rete ferroviaria italiana (Rfi) – la società del Gruppo Ferrovie che si occupa della gestione e della regolamentazione della rete ferroviaria. L’esame del testo ha sollevato più di qualche perplessità in commissione, che domani metterà ai voti un parere favorevole subordinandolo, però, a 12 condizioni e 2 osservazioni. Anche alla luce dello scandalo sulle grandi opere,comprese quelle ferroviarie, che vede indagato pure Maurizio Gentile, amministratore delegato di Rfi. Dopo il quale, Sinistra ecologia libertà (Sel) chiede ora una commissione parlamentare d’inchiesta in grado di far luce sulla regolarità degli appalti e l’esplosione dei costi del Tav.
SPESA FUORI BINARIO Tra i rilievi al centro del documento che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare, ci sono innanzitutto i chiarimenti richiesti sulla lievitazione dei costi. In particolare«sarebbe stato opportuno integrare il testo del Contratto di programma con una nota in cui si indicassero le stime aggiornate dei costi e i finanziamenti effettivamente disponibili in relazione alle opere per le quali sono intervenuti tali accordi» di modifica, sottolinea la commissione. Invitando l’esecutivo «a fornire, nell’Allegato infrastrutture al Documento di economia e finanza, apposite indicazioni che permettano di raccordare gli importi contenuti nell’Allegato con quelli previsti nel Contratto di programma e nei relativi aggiornamenti, evidenziando e giustificando le eventuali differenze». Ma non solo. Anche la subtratta Verona-Vicenza, rientrante nella linea Alta Velocità Milano-Venezia, ha fatto registrare un aumento di costi da 3.658 miliardi di euro a 4.153 miliardi di euro. Tutto qua? No, per niente. La commissione non si accontenta di monitorare solo la situazione a posteriori. Non vuole essere scavalcata e affrontare la questione quando il dado è ormai tratto. Nelle osservazioni finali del parere sottolinea che per il futuro il governo deve «assicurare il rispetto dei tempi di trasmissione al Parlamento degli schemi di decreto di approvazione dei successivi contratti di programma stipulati tra il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti e Rfi spa, in modo tale da permettere che l’espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, e l’approvazione in via definitiva dei contratti stessi, abbiano luogo prima dell’inizio del periodo della loro vigenza».
CITTADINI IN RETE Il contratto di programma 2012-2016 recepisce una serie di variazioni finanziarie di poco inferiori ai 10 miliardi di euro, per gran parte (3,5 miliardi) attribuibile alla Legge di Stabilità del 2014. Nel suo complesso l’accordo tra Ministero delle Infrastrutture e Rfi sposta 173,5 miliardi di euro. La gran parte, 98,5 miliardi, è concentrata sul «potenziamento dell’infrastruttura ferroviaria sia convenzionale che dell’Alta Capacità». Un altro importante investimento, pari a 32 miliardi di euro, è destinato invece allo sviluppo della rete Torino-Milano-Napoli. Ma per la commissione Trasporti nel documento stipulato tra ministero e Rfi c’è un grande assente: il confronto con i cittadini. Per questo nel parere è stata avanzata la condizione di «definire una programmazione delle opere idonea a garantire un’adeguata interconnessione tra la rete ad alta velocità e la rete regionale e locale, con punti di interscambio tali da evitare la creazione di colli di bottiglia nelle aree metropolitane e urbane; a tal fine dovranno essere adottate tutte le iniziative necessarie per ridurre, già in fase di progettazione, gli impatti ambientali e paesaggistici di tali opere, seguendo procedure idonee a garantire la concertazione e la partecipazione». Insomma, una bacchettata al metodo e al comportamento del governo.
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