Dimezzate le condanne per il caso “Grinzane Cavour”. La Corte d’appello di Torino ha condannato il promotore del premio letterario Giuliano Soria a otto anni e tre mesi di reclusione per violenza sessuale, maltrattamenti, peculato, malversazione e truffa. Per il fratello Angelo, ex dirigente della Regione Piemonte, la pena è di quattro anni, tre mesi e quindici giorni per peculato e falso. Per il cuoco Bruno Libralon dell’ “Italian culinary institute for foreigners” un anno e sette mesi per peculato, truffa e false dichiarazioni fiscali.
In primo grado il 22 marzo 2013 le condanne erano state molto più alte: il professore aveva ottenuto una condanna a quattordici anni di reclusione, il fratello a sette e Libralon a due anni e dieci mesi. La riduzione è dovuta in gran parte alla prescrizione di alcuni episodi di truffa e malversazione, mentre i giudici della Prima sezione penale della Corte d’appello – presieduti da Elisidoro Rizzo – hanno assolto Giuliano Soria da alcune accuse di maltrattamento contro l’ex segretaria dell’associazione “Premio Grinzane Cavour” Laura Giudici. Soria – difeso dagli avvocati Aldo Mirate e Luca Gastini – dovrà pure pagare le spese legali delle parti civili.
Lo scandalo “Grinzane Cavour” è emerso nel 2009 dopo la denuncia del domestico di Giuliano Soria, il giovane mauriziano Hemrajsing Dabeedin detto “Nitish”. Il ragazzo registrò l’audio di uno dei tanti maltrattamenti subiti durante il lavoro, con episodi nei quali Soria si sfogava su di lui anche con insulti razzisti. Quella denuncia permise di scoperchiare un vaso di Pandora e far emergere non solo reati contro il domestico e altri collaboratori, ma anche reati contro la pubblica amministrazione.
Nelle sue dichiarazioni spontanee di metà febbraio Soria, di fronte alla mole di documenti e fatture, non ha potuto fare altro che ammettere e chiamare in causa molte altre persone, quelle che hanno approfittato dei fasti e delle regalie del Grinzane Cavour: politici, attori e scrittori che avrebbero ricevuto denaro in nero per partecipare o sostenere le iniziative. “Colpa collettiva”, aveva detto in aula. Dichiarazioni inutili, secondo il pg Vittorio Corsi che nelle repliche di stamattina ha affermato: “È venuto qui a fare la sua passeggiata. Ha ascoltato solo se stesso. Io ho provato fino all’ultimo ad avere precisazioni sulle date e sulle cifre (dei soldi dati ad attori e politici, ndr). Queste cose dette oggi valgono zero”.
Dai racconti del ragazzo ai pm della Procura di Torino vennero a galla anche degli episodi di violenza sessuale, che il professore ha negato fino all’ultimo momento. Anzi, secondo Soria Dabeedin era stato manovrato da altri e lo ha ribadito pure in una memoria di tre pagine consegnate al pg Corsi la scorsa settimana: “Mi preme ribadire che il mio pentimento per le sofferenze che ho inflitto a Nitish non è venuto meno per quanto sembra essere emerso in ordine alle sue frequentazioni con quel Franci (Roberto, ndr), la cui figura risulta ben descritta nella sentenza che i miei avvocati hanno rinvenuto e prodotto”.
In questa sentenza agli atti del processo d’appello Franci appare come l’organizzatore di feste durante le quali i partecipanti consumavano cocaina. Tra di loro ci sarebbe stato anche Nitish, stando a un testimone – lo chef Ugo Gastaldi – che i giudici della Corte d’appello non hanno voluto ascoltare. Sia Franci, sia il suo avvocato Kira Vittone, sia l’avvocato di Nitish Gianluca Vitale hanno respinto con fermezza queste accuse. Negli ultimi giorni Soria ha anche cercato di risarcire con altri diecimila euro Nitish: “Gesto di buona volontà – ha riconosciuto stamattina l’avvocato Vitale -, ma tardivo”.