Girare l’Italia in lungo e in largo e trovarsi davanti a situazioni a dir poco imbarazzanti: padri di famiglia senza lavoro, madri sole che non arrivano a fine mese, giovani con il sogno di andarsene che in tasca non hanno nemmeno i due euro per il regionale locale e anziani che ci ricordano che si stava meglio quando si stava peggio.
Poi c’è un’Italia che lavora. Un’Italia che a volte accantona chi quel lavoro lo sa fare perché “troppo grande” per privilegiare i giovani e i loro famosi “contratti a tempo determinato”.
Bar, centro storico di Roma, tre ragazze dietro al bancone. La più grande avrà si e no 22 anni. Entro e nemmeno un saluto. Vado al banco e chiedo un caffè macchiato caldo: arriva un caffè con un po’ di latte nemmeno montato. Butto l’occhio sul cappuccino che sta per bere il mio vicino e idem, niente schiuma, sembra caffellatte . Poco male, fossero questi i problemi. Vetrine dei panini con ditate, tavoli da sbarazzare e la vita che pesa addosso a queste ragazze che nel frattempo non dicono una parola tra loro limitandosi al “prego” al cliente di turno. Mi faccio un viaggio mentale e immagino l’annuncio per quel posto di lavoro: “Cercasi giovane bella presenza max 25 anni”. Questo è quello che trovi se leggi gli annunci in giro. Sì, perché l’Italia è quel Paese in cui già a 30 anni sei vecchio per fare tutto.
Negozio di Roma di nota catena: età massima 20 anni. “Ciao scusa hai questo modello taglia terza?” Risposta: “Tutto quello che trovi è esposto”. Fine. Tesoro mio, se il tuo obiettivo è la vendita, proponimi qualcosa di simile, trovami un’alternativa. Nulla. La ragazza in questione preferisce piegare i modelli provati nei camerini. Ecco allora che c’è una faccia dell’Italia che il lavoro lo ha e non capisce la fortuna immensa in un periodo storico simile. Un periodo in cui anche se sei sottopagata e giovane devi dare il massimo perché è comunque un periodo difficile. Un periodo in cui gente che è stata dietro il bancone di un bar per venti anni o ha piegato calze e slip per altri venti non ha nemmeno il minimo barlume di speranza di essere assunto in determinati contesti. Persone competenti che amano il proprio lavoro che sono a casa perché “troppo mature” per continuare a farlo che sanno che se sei a contatto con il pubblico un “buongiorno” o un “buonasera” sono quasi d’obbligo ( non pretendo il sorriso, so già che chiederei troppo).
Cari gestori, imprenditori, titolari, ricordatevi che della famosa “bella presenza” se non è abbinata all’esperienza e all’amore per il proprio lavoro, non ce ne facciamo nulla.
Là fuori c’è la fila di chi farebbe carte false per rimettersi in gioco. Tutta una questione di trovare “il meglio” per quel ruolo, sia esso giovane, anziano, con esperienza o meno. Ripartiamo da un Paese che crede nella propria gente, e dà la possibilità a chi è fuori dal giro o non ha più 25 anni. Investire sui giovani sì, ma anche su chi negli anni ha accumulato esperienza con dedizione e amore.