In base alle anticipazioni, mercoledì Intesa ha chiesto all'Eurotower circa 10 miliardi e Unicredit più di 5 nell'ambito del programma di prestiti a basso costo avviato l'anno scorso. Un fiume di liquidità in teoria condizionato al sostegno all'economia reale, ma che finora è stato utilizzato per comprare altri titoli di Stato
Intesa Sanpaolo, Unicredit e le altre banche italiane tornano ad attingere alla liquidità a basso costo messa a disposizione dalla Bce. Dopo i 23 miliardi ricevuti a settembre e i 26 incassati a dicembre, gli istituti di credito della Penisola hanno infatti chiesto all’Eurotower, stando a indiscrezioni, oltre 30 miliardi di euro nella nuova asta che si è svolta mercoledì nell’ambito del piano di finanziamenti a tassi super agevolati (0,15%) avviato in settembre. L’amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni ha fatto sapere che la banca conta di chiedere “tra 5 e 7 miliardi” e che all’intero sistema arriveranno “se non 30 miliardi sempre una somma importante”. Intesa, secondo quanto riporta Il Sole 24 Ore, si prepara a incassarne circa 10. Dovrebbero seguire a ruota Banco Popolare e Mediobanca, che faranno domanda per l’assegnazione di circa 5 miliardi ciascuna. Ubi ne vuole invece ottenere 3, Iccrea 1,3, Veneto Banca 700 milioni, CreVal 5oo e Bpm 250. Bper, Carige, Credem, Popolare di Sondrio e Popolare di Vicenza hanno scelto al contrario di non attingere a questa tranche della Targeted long term refinancing operation (Tltro).
Le somme riscosse, che sono superiori alle attese degli analisti, stando alle clausole del programma messo in campo l’anno scorso da Mario Draghi devono essere utilizzate per fare credito a imprese e famiglie. Obiettivo che però non sembra essere stato centrato, a giudicare dagli ultimi dati diffusi dalla Banca d’Italia. Che mettono in luce come gli istituti stiano continuando a tenere ben stretti i cordoni della borsa: a gennaio i prestiti al settore privato si sono ulteriormente contratti dell’1,8% rispetto allo stesso mese del 2014.
Il fiume di liquidità ottenuto da Francoforte è stato al contrario utilizzato, ancora una volta, per acquistare titoli di Stato. Impieghi che non solo presentano un rischio relativamente basso, il che li rende più appetibili per un sistema appesantito da oltre 183 miliardi di euro di crediti difficili o impossibili da recuperare. Non solo: i bond sovrani hanno un nuovo appeal da quando è partito il quantitative easing, cioè il maxi programma di acquisto da 60 miliardi di euro al mese che dovrebbe rilanciare la crescita economica nell’Eurozona e che sta già spingendo ai minimi i rendimenti. La Bce, infatti, compra quei titoli proprio dalle banche che ne hanno pieni i bilanci. Così gli istituti hanno provveduto a farne ulteriore scorta: a gennaio il valore di Btp, Cct e altri titoli pubblici nel loro portafoglio ha toccato un nuovo massimo, 416 miliardi contro i 400 di dicembre.
Una parte del denaro raccolto con le Tltro, infine, sarà utilizzata per sostituire i fondi raccolti durante il precedente piano di rifinanziamenti a basso costo, quello da 1.000 miliardi partito nel dicembre 2011 e noto come Ltro. Tutto da verificare, dunque, che alla domanda record registrata mercoledì segua una svolta nella disponibilità di prestiti per l’economia reale. Draghi lo ha ribadito più volte: non si può “sedersi sugli allori” e gli interventi di politica monetaria di Francoforte sono “un’opportunità” ma da soli non possono fare la differenza.