Il Celeste, era l’agosto del 2012, si presentò a Rimini, sede del meeting, con un’arringa difensiva che non piacque a nessuno: né al professor Giorgio Vittadini, anima e portafoglio di Cl, né al teologo Juliàn Carròn. Fu il capitolo finale e Formigoni, da quel momento in poi, perse il suo esercito più consolidato. Non restò che lasciare nelle mani il ponte tra la politica e la religione da portafoglio, a Maurizio Lupi, all’apparenza grigiastro, ma con un potere consolidato e l’ultimo pontiere tra Rimini e i palazzi romani. Per un periodo ci è riuscito, l’inchiesta giudiziaria che lo sfiora dal punto di vista penale e lo travolge sul piano morale lo metterà in brevissimo tempo all’angolo.
Finisce così un’era, quella che da Comunione e Liberazione guardava a un mondo moderato e comunque con solide fondamenta nel centrodestra. Oggi Cl deve svoltare tra quello che resta della sinistra. Il movimento ha bisogno di un politico di riferimento e nel panorama desolante alla fine la scelta non può che cadere sull’eterno boy scout Matteo Renzi. E’ cattolico, rigoroso negli esercizi spirituali, sa occupare le caselle mancanti e, soprattutto, è l’unico uomo di potere al quale mezza Italia ambisce.
E’ vero, nella sua prima uscita da Presidente del Consiglio non si presentò a Rimini, ma il presidente ragazzino, come disse Peter Gomez a poche settimane dall’ingresso a palazzo Chigi, è “un bugiardo”. Nel senso più ampio del termine: a interpretarlo c’è rischio di sbagliare, perché è ambiguo. Se un meeting ci sarà, ad agosto, è molto probabile che lui vada e sconfessi quanto fatto l’anno prima. E ciò non toglie che il futuro di Cl sia Renzi, oltre i ragazzi di don Giussani non possono andare. Troverà sulla strada un Pierluigi Bersani che da sempre è nelle grazie dei catto-affaristi, ma ormai non è più neanche un avversario.