Oggi ospito sul mio blog una riflessione di Marisa Guarneri – Presidente onoraria della Casa delle donne maltrattate di Milano.
Ho fondato insieme ad altre nel 1986 il Gruppo Promotore che avrebbe portato al primo centralino in Italia per le donne maltrattate e successivamente al progetto compiuto: La casa delle donne maltrattate. Eravamo nell’Udi di Milano. Quasi contemporaneamente il Centro Documentazione Donne di Bologna promuoveva il Gruppo di Ricerca contro la violenza alle donne che avrebbe portato alla prima Casa di Ospitalità ed all’associazione Casa delle donne per non subire violenza. Progetti nati dal desiderio di donne, gestiti ed aperti solo alle donne, fondati sul volontariato e sulla metodologia dell’accoglienza elaborata a Milano e poi diffusa in tutta Italia, nei centri delle donne che via via sorgevano come funghi.
Oggi si mette in discussione nelle proposte del governo e nelle Regioni questa realtà cresciuta negli anni e che oggi si chiama D.i.Re – ‘Donne in rete contro la violenza‘, che raccoglie Centri antiviolenza italiani. Gli obiettivi sono chiari: dare sempre più spazio alle iniziative istituzionali come Pronto soccorsi, consultori, sportelli comunali e provinciali, ambiti pubblici che si occupano di Pari Opportunità. La vera storia ce la raccontano i consultori milanesi che conosciamo bene e che sono partiti dalle lotte delle donne e che poi sono diventati Consultori per le famiglie.
La cartina di tornasole di questa operazione politica sono i finanziamenti pubblici, che ancora dobbiamo vedere e che vengono passati attraverso le Regioni. In Lombardia, apripista e laboratorio di politiche regressive per le donne, esiste una legge regionale che le donne dei Centri antiviolenza hanno contribuito ad ottenere, ma che non ci piace moltissimo, proprio perché ambigua nella definizione di Centro antiviolenza.
Le lobby di potere qui, hanno pesato più dei bisogni delle donne. Insomma nella gestione di questa legge, la giunta Maroni sta facendo pesare volontà di controllo nell’accoglimento delle donne in difficoltà ed il tentativo di condizionare i Centri antiviolenza della Lombardia sotto la stretta delle difficoltà economiche dei Centri stessi. Abbiamo protestato il 12 marzo 2015 in un sit-in davanti al principesco nuovo Palazzo della Regione e continueremo a protestare. Ma quel che più conta è vigilare perché i finanziamenti dedicati ai Centri antiviolenza non spariscano o diventino solo patinate campagne informative, o sovvenzioni per Enti formativi che dovrebbero formare le operatrici dei Centri antiviolenza. Come dire “insegniamo ai gatti ad arrampicarsi”. Questa è una questione nazionale di enorme importanza, su cui tutte le democratiche e democratici dovrebbero impegnarsi.
E’ in gioco la libertà delle donne e la vita delle donne che subiscono violenza.