Il presidente della Banca centrale europea ai manifestanti di Blockupy: "Accusarci è ingiusto, abbiamo cercato di attenuare i danni". Poi il riferimento ad Atene: se "alcuni Paesi hanno dovuto affrontare un difficile periodo di aggiustamento non è una scelta imposta, ma prima di tutto una conseguenza delle loro decisioni passate"
“L’Eurozona non è un’unione politica in cui alcuni Paesi pagano sempre per gli altri”. Lo ha sottolineato, con un chiaro riferimento alla Grecia, il presidente della Bce Mario Draghi nel discorso per l’inaugurazione della nuova sede della Banca centrale europea, che è stata preceduta da duri scontri di piazza. L’ex numero uno di Bankitalia ha ribadito, rafforzandolo il messaggio al governo Tsipras, che “i Paesi devono essere in grado di camminare con le proprie gambe e ognuno è responsabile per le proprie politiche”. Se “alcuni Paesi hanno dovuto affrontare un difficile periodo di aggiustamento non è una scelta imposta, ma è stata prima di tutto una conseguenza delle loro decisioni passate“. Una risposta indiretta agli attacchi arrivati nei giorni scorsi dal ministro delle Finanze ellenico Yanis Varoufakis, che ha provocato Draghi affermando che lo statuto dell’Eurotower è stato “scritto dalla Bundesbank” ed è per questo che Francoforte non concede ad Atene un aumento del tetto alle emissioni di debito pubblico né intende restituire al Paese gli 1,9 miliardi di interessi maturati sui titoli greci che ha in portafoglio.
Secondo Draghi, “rinazionalizzare le nostre economie non è la risposta” ai problemi dell’integrazione, ma al contrario è “fare progressi nelle aree incomplete, vale a dire nella convergenza economica e istituzionale“.
Draghi ha quindi tenuto a sottolineare che “in quanto istituzione dell’Unione europea che ha svolto un ruolo centrale nel corso della crisi, la Bce è diventata un punto di riferimento per coloro che sono frustrati” dai problemi conseguenti alla recessione. “Questa non è una accusa giusta, visto che la nostra azione è stata finalizzata proprio ad attenuare i danni subìti dall’economia”. Comunque, ha concluso, “come Banca centrale di tutta l’area dell’euro, dobbiamo ascoltare molto attentamente quello che tutti i cittadini hanno da dire”.
A scatenare le proteste e il sit in contro l’austerity che sono andati in scena nel quartiere del Grossmarkthalle è stata l’evoluzione della crisi greca, che domani o dopodomani sarà oggetto di un vertice a margine del Consiglio europeo a Bruxelles a cui prenderanno parte lo stesso Draghi, il primo ministro Alexis Tsipras, la Cancelliera Angela Merkel, il presidente della Commissione Ue Jean Claude Juncker. Un incontro che dovrebbe fare da viatico al vertice bilaterale Tsipras-Merkel in programma per lunedì prossimo, che si preannuncia molto difficile. Non aiuta il fatto che, in contemporanea, il leader di Syriza abbia annunciato che l’8 aprile vedrà il presidente russo Vladimir Putin. Nei mesi scorsi è stato più volte ventilato un intervento di sostegno finanziario della Russia in favore della Grecia, alternativo a quello della Ue. Quel che è certo è che Atene è in piena crisi di liquidità e la ex troika, cioè Bce, Ue e Fondo monetario – i grandi creditori del Paese – sta perdendo la pazienza davanti alle mosse unilaterali di Tsipras e del ministro Varoufakis e all’assenza di progressi nel mettere in campo le riforme promesse a febbraio.