Ebbene sì, Maurizio Landini, il puro e duro segretario della Fiom è sceso in politica. Diciamo che ce lo aspettavamo un po’ tutti, anche se qualcuno pensava ad una prima scalata alla Cgil e poi a una sua entrata nelle istituzioni.
E invece il compagno Landini ha bruciato tutte le tappe. Appena si è accorto che i sondaggi lo davano come uno dei leader in ascesa, e che in molti lo segnalavano come punto di riferimento di un preciso blocco sociale, non ha perso tempo e qualche giorno fa ha ‘sciolto la riserva’, mettendo finalmente nero su bianco la sua vera aspirazione: la politica.
Per carità, il percorso è più che legittimo, ognuno può e deve avere la possibilità e il diritto di fare politica, però la partenza del compagno Landini possiamo definirla come ‘falsa’, se non addirittura del tutto errata.
La prima sberla l’ha avuta proprio dalla Cgil, e in particolare dalla segretaria Camusso. E sì, perché vorrei dire al compagno Landini che, prima di iniziare un percorso politico, di qualsiasi tipo, il campo di azione va pianificato, vanno sentiti i pareri di chi ipoteticamente dovrebbe appoggiarti, bisogna fare un lavoro di apertura e partecipazione con incontri, dibattiti, confronti, anche duri.
Invece il compagno Landini ha fatto l’errore più infantile che si possa fare, imporre la sua leadership politica disarticolando il lavoro di rappresentanza sindacale sul quale tanto e bene aveva lavorato. Sì, perché negli ultimi mesi la sua leadership si è trasformata, da sindacale è diventata mediatica e non politica. L’errore è lì, quel passaggio è fatto di molte altre articolazioni che penalizzano e penalizzeranno il tanto bravo Landini.
Altro punto per il quale credo che Landini politicamente non abbia ‘vita lunga’ è dettato da un ragionamento politico anche piuttosto semplice. Lo scopo di Landini è raccogliere le anime a sinistra del Partito Democratico, una Podemos de noantri, una Syriza alla amatricana. Mai cosa più errata.
Storicamente, negli ultimi venti anni, il sistema politico ha dimostrato più volte che progetti come quello della Coalizione Sociale che ha in mente il segretario della Fiom non hanno mai sfondato elettoralmente, e i motivi sono diversi e profondi. Dalla elevata conflittualità in termini di identità politica fino alla ancora più elevata frammentarietà del blocco sociale verso il quale si vuole parlare.
Quel disegno identitario che ha in mente Landini in Italia, negli ultimi venti anni, è fallito e non ha contorni per attecchire. Qualcuno dirà che i margini di crescita sono dettati dai sondaggi, e che alcune piazze hanno dimostrato che volendo si può costruire una alternativa sociale all’attuale sistema politico. Certo, sono argomentazioni che hanno un loro valore ma che da Rifondazione Comunista fino alla Sinistra Arcobaleno abbiamo sentito più volte mettere sul tavolo del ragionamento politico, e che elettoralmente ha poi ‘premiato’ organizzazioni come Forza Italia o la Lega in alcune regioni. Sì, perché quel blocco sociale, quella identità politica, quella rappresentanza sociale nelle urne è sempre stata volatile, votando tutto tranne quel percorso o quel progetto politico che tentava di farsene carico.
Landini sarà dunque un flop, in parte politico ma soprattutto elettorale. Si dirà che alla fine, su quel progetto, si vuole fare un lavoro di contenuti di lunga durata, legittimo anche questo, ma poi alla fine ciò che conta per rappresentare è e sarà sempre il consenso elettorale.
Ecco perché a questo punto mi viene da chiedere a Landini una cosa semplice: ma ne avevamo proprio bisogno?