Nelle carte dell'inchiesta su Incalza, oltre all'erede del ministro, torna quello dell'ex manager di Expo finito ai domiciliari nell'inchiesta milanese. Dalle intercettazioni emerge la pratica, nel mondo degli appalti, di ricompensare i favori ottenuti dai padri dando lavoro alle nuove leve
Da Luca Lupi a Livio Acerbo. Sebbene non indagati, anche i ‘figli di’ vengono citati nelle carte dell’inchiesta della procura di Firenze che ha portato all’arresto del superburocrate Ercole Incalza. Per ingraziarsi i padri qualcuno, secondo l’accusa, ha puntato sui loro figli. Accade per il secondogenito del ministro Maurizio Lupi, secondo quanto raccontato in più di una telefonata da Giulio Burchi, uno degli indagati: Luca viene assunto per un anno da Giorgio Mor, cognato di Stefano Perotti, imprenditore finito anche lui in carcere. Poi c’è il figlio di Antonio Acerbo, l’ex responsabile per Expo del Padiglione Italia, già arrestato per l’appalto delle Vie d’Acqua: secondo la procura di Milano, Livio ha beneficiato nel 2012 di un contratto di consulenza da 36mila euro con la società Maltauro, una contropartita per l’interessamento del padre per l’aggiudicazione dell’appalto. E questo si sapeva. Ma ora salta fuori che non è un caso isolato.
L’intercettazione: “Incarichi ai figli? Ormai un classico”. A raccontarlo è sempre Burchi, ex presidente di Italferr e amministratore delegato della A4 Holding spa, giudicato attendibile dal giudice per le indagini preliminari. Nelle conversazioni intercettate, Burchi e Giuseppe Cozza, ex direttore generale di Metropolitana milanese (Mm), commentando la consulenza data da Maltauro al figlio di Acerbo, fanno riferimento a contratti ottenuti da Livio in altre occasioni, per esempio quando Antonio Acerbo aveva incarichi per i lavori delle Grandi Stazioni e della Scala di Milano. Cozza parla di “solito sistema”. Burchi spiega di essere a conoscenza di contratti arrivati a Livio dalla Rizzani de Eccher, dall’impresa Gemmo e anche da Stefano Perotti.
“Adesso secondo me se vanno attorno alle altre società… troveranno le fatture di Rizzani – dice in una telefonata Burchi – cosa pensano?… che questa gente desse gli incarichi al figlio perché?”. “Gli incarichi vengono dati sempre al figlio – commenta Cozza – ormai è un classico… le imprese che lavorano con lui o che lui segue… pagano questo prezzo… devono dare incarico al figlio”. Ed ecco ancora Burchi: “E’ normale che un figlio del direttore dei lavori di un’impresa abbia degli incarichi da quell’impresa lì?… non lo so… secondo te quando faceva da direttore dei lavori del Teatro della Scala ha dato… cioè Rizzani gli ha dato un incarico in Russia per un teatro… ma io non lo so!… ma che Paese è!”.
Nelle telefonate intercettate si fa poi riferimento a lavori affidati a Livio Acerbo da Perotti. A tal proposito il gip scrive: “Il riascolto delle comunicazioni intercorse fra Stefano Perotti e Livio Acerbo, e di quelle in cui si fa comunque riferimento a Livio, forniscono elementi di riscontro a quanto riferito sia da Giulio Burchi sia da Giuseppe Cozza circa l’esistenza di un rapporto di natura economica fra i due soggetti, rientrante nell’ambito dei lavori della cosiddetta torre Hadid di CityLife a Milano ove la Spm Ingegneria srl (società di Perotti, ndr) è impegnata come direzione lavori”.
“Così anche sotto il sindaco Albertini”. Nel corso di un’altra conversazione, Cozza racconta di avere incontrato di recente l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, attuale senatore di Ap, e di avergli parlato del sistema con cui Acerbo da anni faceva ottenere consulenze al figlio: “Lui lo difende eh… ‘no… ma no ma poverino, ma insomma cosa ha fatto’ (…) Gli ho detto… ‘guarda Gabriele, le cose non stanno così, non sono i trentamila… questo lo praticava dai tempi tuoi, quando lo avevi messo lì in Mm no? che si occupava degli appalti, cosa credi che facesse? (…) le imprese che lavoravano… con le quali lui aveva rapporti, davano lavoro al figlio…”.
Un dossier per bloccare Acerbo in Mm. Cozza riferisce poi di aver fatto arrivare “informalmente” all’attuale presidente di Mm Davide Corritore un dossier per bloccare la nomina di Acerbo a vicedirettore: “Gli ho fatto avere tramite uno del Pd questa copia di questa cosa (l’atto di conferimento di un incarico a Livio da parte di una società favorita, ndr)”. A questo punto Burchi chiede a Cozza se ha portato il documento anche ai magistrati. “No, no – risponde Cozza – non ce l’hanno i giudici quella… io professò, non le faccio ‘ste cose… io… gliel’ho fatto vedere a quel pezzo di merda che lo voleva nominare vicedirettore”.
“Stesso sistema per la Lega delle Cooperative”. Secondo Burchi, Acerbo presentava le stesse richieste anche alle imprese della Lega delle Cooperative. “Ma lui lo faceva anche con la Lega delle Cooperative?”, chiede Cozza. Burchi conferma “Sì sì… era amicissimo lui… con la… Cooperativa di Modena lui… Acerbo… era culo e camicia …no no… te lo dico io… te lo dico io… non erano immuni i compagni… lui ci sapeva fare… il vecchietto”.