Vincenzo Clemente, dopo vent’anni negli Stati Uniti, è tornato nella sua città natale e ha aperto un ristorante. Con una sfida in più: portare i turisti a conoscere i mercati rionali palermitani
«Il pane con la meusa? Dico ai turisti cos’è soltanto dopo che lo hanno assaggiato». Vincenzo Clemente ha aperto Cin Cin, il suo ristorante a Palermo, nel 1999. E da 12 anni affianca la sua attività di ristoratore a un’altra, complementare ma diversa: porta i turisti in vacanza in Sicilia a fare la spesa al mercato del Capo, uno dei più antichi quartieri del centro storico del capoluogo siciliano. Li accompagna tra le bancarelle, a scoprire colori e sapori della città in cui si decidono le sorti della Sicilia. «Non andiamo alla Vucciria perché ormai del mercato propriamente detto lì è rimasto poco, e non li porto a Ballarò perché quello è più difficile da raggiungere e, soprattutto, troppo grande – racconta – Invece il Capo è perfetto: ha una grandissima varietà di prodotti, è facile arrivarci ed è un mercato pieno di cose fresche e di qualità». Tra le quali anche quelle che compra per il suo ristorante.
«L’idea è nata 12 anni fa: una mia amica statunitense che fa la food writer mi ha dato questo suggerimento, e io sono stato ben felice di accoglierlo», dice Clemente. Lui a Palermo ci è nato ma non ci ha vissuto. Aveva undici anni quando si è trasferito con la sua famiglia in Louisiana, negli Stati Uniti d’America, e 31 quando ha preso le sue cose ed è tornato in Sicilia. «Avevo voglia di dare una scossa alla mia vita e i miei parenti erano tutti in Italia», spiega. Era uno chef negli States e uno chef è rimasto nel Bel Paese. Aggiungendo una vocazione turistica alla sua attività. Il giro al mercato del Capo, che avviene su prenotazione, include degustazioni dello street food locale e il ritorno al ristorante Cin Cin, con un corso di cucina organizzato sulla base di quello che si è acquistato dai commercianti. «Cuciniamo piatti tipici siciliani e poi mangiamo tutti insieme, bevendo ottimo vino locale».
I piatti che hanno più successo, va da sé, sono quelli che hanno per protagonista il mare: «La pasta alla eoliana piace moltissimo: si fa con pesce spada, tonno, capperi, olive, pomodorini e zafferano». E conquista gli stranieri, tutti «english-speaking, molti statunitensi, inglesi e australiani». Che si lasciano incantare dalle panelle di farina di ceci, ma anche dalla meusa, la milza di vitello bollita e poi soffritta, spolverata di caciocavallo o ricotta, con la quale viene imbottito un panino ricoperto di semi di sesamo. «In un primo momento dico che si tratta di un normalissimo steak sandwich Palermo style, poi rivelo la verità. Capita che rimangano un po’ impressionati, ma contenti di aver assaggiato una cosa alla quale altrimenti non si sarebbero mai avvicinati».
I prodotti del mercato, poi, non finiscono mai di stupire gli avventori stranieri. «Il cedro stimola grande curiosità – afferma Vincenzo Clemente – La maggior parte delle volte pensano che si tratti di un limone gigante. Ma anche la zucchina lunga è un prodotto che, per molti, è sorprendente. Ci scattano insieme un sacco di foto». «In ogni caso, quello che cerco di spiegare è che nella nostra cucina è la materia prima che viene glorificata, che i piatti più sono semplici più sono preziosi. Perché il pezzo forte è quello che viene da questa terra». La Sicilia, appunto, ricca di sorprese quanto difficile da vivere: «Sulla sua bellezza non c’è molto da discutere – conclude il cuoco – Ma le sue infinite qualità andrebbero sfruttate maggiormente».