La goccia che fa traboccare il vaso, il colpo di grazia che manda definitivamente in frantumi qualunque speranza di salvare l’insalvabile. L’arresto di Gianpietro Manenti getta ancora più ombre sul destino del Parma Calcio, che ora si ritrova a dover affrontare la fine del campionato e un procedimento fallimentare senza il suo presidente. Nel centro sportivo di Collecchio la notizia arriva come l’ennesima conferma che ormai le possibilità di andare avanti sono sempre più remote. E ora anche i calciatori e i dipendenti che in questi mesi hanno atteso con pazienza l’arrivo di un salvatore che saldasse almeno parte degli stipendi non pagati e desse garanzie sul futuro, non sanno cosa aspettarsi. “Ogni giorno prendiamo bastonate in faccia – ha commentato all’uscita dagli allenamenti il capitano Alessandro Lucarelli – e parlo della città, della tifoseria, della squadra. Mi auguro che prima o poi tutto questo finisca perché non ne possiamo più. Verrebbe voglia veramente di chiudere tutto. Sta diventando una farsa, lo dico con tristezza, è tutto uno schifo”.
Il paradosso però, è che ora Manenti è stato allontanato dalla società come molti, in primis i tifosi, auspicavano, e che si è fatta chiarezza perfino sulla provenienza dei soldi promessi da giorni, le cose senza di lui rischiano addirittura di peggiorare. Perché il Parma adesso rimane senza presidente proprio alla vigilia dell’udienza prefallimentare in cui se ne sarebbero dovute discutere le sorti, e intanto il campionato prosegue, e i gialloblu sono già stati fermi per due giornate proprio a causa dei problemi finanziari della società. Domenica 22 marzo è previsto il match contro il Torino nella città ducale, ma non è detto che i giocatori decidano di scendere in campo come hanno fatto nelle ultime due partite. E in bilico è anche l’utilizzo dello stadio Tardini: il Comune aveva revocato la gestione alla società calcistica, riservandosi di concedere la struttura su richiesta per le partite in casa. Ma ora che Manenti è in carcere, non è chiaro chi dovrà occuparsi di avanzare la richiesta all’amministrazione, visto che dal suo arrivo al club emiliano il Cda non è mai stato nominato. L’assessore allo Sport Giovanni Marani mercoledì ha incontrato per oltre tre ore i dipendenti del club e alcuni calciatori per capire come affrontare la situazione. “Noi ci auguriamo che il Parma riesca a finire il campionato – ha detto uscendo dal Comune – siamo disposti a concedere l’utilizzo del Tardini, ma la richiesta deve essere fatta da qualcuno che rappresenta la società”.
Quel qualcuno potrebbe essere anche un curatore fallimentare, ma qui si apre un altro problema: giovedì 19 marzo Manenti era atteso in Tribunale per discutere l’istanza di fallimento presentata dalla Procura di Parma. Nell’udienza, il patron avrebbe dovuto presentare un piano di salvataggio per il club, ma è chiaro che questo ormai non potrà avvenire. Non è detto però che, pur essendo in carcere, il sedicente presidente del Parma voglia rinunciare a presenziare. Nel caso si facesse vivo con un avviso o una delega entro l’udienza (a meno di non riuscire a presenziare con un trasferimento dal carcere), sarebbe nei suoi diritti chiedere un rinvio per impedimento, che avrebbe l’effetto di prolungare di nuovo l’agonia della società. Diversamente invece il procedimento potrebbe proseguire senza intoppi e i giudici sarebbero chiamati a stabilire se nominare o meno un curatore fallimentare per permettere al Parma di incassare i soldi messi a disposizione da Lega e Figc e terminare così il campionato. Ma il fatto che Manenti si trovi agli arresti complica le cose, perché i giudici devono accertarsi della sua volontà, in quanto titolare della società, di volere partecipare o meno all’udienza. Anche in questo caso dunque, nonostante la sua uscita di scena, per avere certezza sul destino del Parma si dovrà aspettare un’eventuale altra sua mossa.