La novità principale della riforma della Rai proposta dal governo, è l’introduzione della figura dell’amministratore delegato, in sostituzione del direttore generale, che finora ha sempre guidato l’azienda. Amministratore delegato che dovrebbe essere scelto dal governo, mentre il consiglio di amministrazione, composto di sette membri, dovrebbe essere nominato dal governo e dal Parlamento (tre membri per ciascuno), più uno scelto dai dipendenti. Ciò per dare pieni poteri a una sola persona, l’amministratore delegato, ed evitare che il potere decisionale sia ripartito, com’è adesso, fra il Dg, il CdA e il suo presidente. Nella storia della Rai, i rapporti fra il direttore generale e il presidente del consiglio sono stati spesso conflittuali, in particolare dalla seconda parte del mandato, determinando la paralisi del vertice; tanto che spesso la Rai si è trovata, per lunghi periodi, senza un vertice veramente operativo.
Se il potere di gestione è meglio assolto da una sola persona, può una singola persona, un manager oltretutto, capire la realtà culturale, sociale, politica di un paese, realtà che la Rai dovrebbe rappresentare nella sua completezza? La linea editoriale di una grande azienda di comunicazione è il frutto di un continuo confronto fra persone di culture diverse, e ciò può avvenire solo all’interno del consiglio d’amministrazione, nominato per intero dal Parlamento (escluso ovviamente il consigliere-amministratore che dovrebbe essere designato dal ministero dell’economia, possessore delle azioni Rai).
L’amministratore delegato, come noto, assorbe la quasi totalità dei poteri del consiglio d’amministrazione, ma risponde pur sempre alla proprietà. Il futuro “Marchionne della Rai” risponderebbe solo al governo che l’ha nominato, essendo il nuovo consiglio d’amministrazione un organo di sola rappresentanza? Non si è sempre detto che la proprietà della Rai è dello stato-comunità? Oltretutto questo sistema caricherebbe il governo di responsabilità improprie, come, per esempio, quella di condividere con l’amministratore delegato le beghe quotidiane sull’andamento dei programmi.
L’amministratore delegato dovrebbe essere, in conclusione, l’unico responsabile della gestione, mentre le scelte editoriali (comprese le nomine apicali di reti e testate) dovrebbero essere condivise fra l’amministratore delegato e il consiglio d’amministrazione.
Una seconda questione riguarda l’idea che la Rai abbia una rete (Raitre) senza pubblicità. L’ipotesi era stata già prevista nella legge Maccanico, n.ro 249/1997, ma che non fu attuata anche perché prevedeva contemporaneamente il passaggio di Rete4 sul satellite. Se si volesse seguire questa strada, è d’obbligo prevedere l’introduzione di un Antitrust anche per il settore privato, per evitare un rafforzamento di chi è già dominante nel mercato, potendo anche assorbire parte dei 150milioni di pubblicità che Raitre perderebbe.
La prossima riforma potrebbe essere l’ultima occasione per la Rai di risollevarsi. Dovesse fallire, rimane una sola soluzione, la privatizzazione.