“I compiti fanno male”. A dirlo non sono gli studenti ma una preside americana che ha deciso di abolirli. La decisione presa da Jane Hsu, dirigente della scuola elementare pubblica PS 116 di East 33rd Street di Manhattan, sta facendo discutere tutti negli Stati Uniti ed è destinata a far parlare gli addetti ai lavori e non solo anche in Italia dove da qualche mese il preside Maurizio Parodi con alcuni colleghi e genitori ha lanciato la campagna “Basta Compiti”.

A New York la scelta della preside è stata accompagnata da una lettera inviata alle famiglie, nella quale si raccomanda di “limitare il tempo che i bambini trascorrono davanti alla televisione, ai computer e ai videogiochi” e si chiede di parlare di più con gli insegnanti dei loro figli. Jane Hsu nella missiva inviata a mamma e papà ha spiegato le motivazioni che l’hanno condotta a questa scelta: “Gli effetti negativi dei compiti a casa sono stati ben consolidati da studi, causano frustrazione, stanchezza, mancanza di tempo per altre attività, sottraggono tempo per la famiglia e, purtroppo per molti, la perdita di interesse per l’apprendimento”.

L’obiettivo della preside è quello di eliminare i compiti per incoraggiare gli studenti a leggere più libri e a trascorrere più ore con i genitori. Una crociata portata avanti da oltre un anno quando alla PS 116 alcuni bambini erano stati costretti a saltare l’intervallo perché non avevano portato i compiti a scuola. Lo School Leadership Team ha esaminato il caso ed è arrivato alla conclusione che i compiti non vanno a beneficio del successo dello studente. Naturalmente non tutti i genitori si sono trovati in sintonia con la decisione della preside e molti hanno minacciato i vertici della scuola di ritirare i bambini dalle lezioni come atto di protesta: il timore di mamme e papà è che i ragazzi non si esercitino abbastanza e rischino di non apprendere.

Una battaglia che trova i suoi alleati anche in Italia. Ida Iannelli, preside dell’istituto comprensivo “Salvemini” di Taranto, lo scorso Natale aveva preso carta e penna e scritto ai colleghi: “In occasione delle festività natalizie oltre a formulare gli auguri di buon Natale e felice 2015 estendendoli anche alle vostre famiglie, rivolgo l’invito di non assegnare compiti al fine di far trascorrere anche agli alunni e alle famiglie un periodo di tranquillità”. Intanto la raccolta firme lanciata da Parodi ha già raccolto oltre 3000 adesioni tra cui quella del pedagogista Daniele Novara; di Francesco Tonucci, ricercatore del Cnr; del coordinamento Genitori Democratici e della fondazione “Montessori”. I nemici dei compiti in Italia chiedono al Miur di abolirli perché “sono inutili. Le nozioni ingurgitate attraverso lo studio domestico per essere rigettate a comando con interrogazioni, e verifiche, hanno durata brevissima: non “insegnano”, non lasciano il “segno”; dopo pochi mesi restano solo labili tracce della faticosa applicazione”.

Dall’altro canto l’Ocse, l’organismo internazionale di studi economici ha rivelato che gli studenti italiani sono tra i più carichi di compiti a casa: i quindicenni del nostro Paese passano sui libri nove ore a settimana contro una media di 4,9 ore. L’Italia si distingue anche per il divario tra gli studenti socio economicamente avvantaggiati che dedicano a casa 11 ore la settimana per i compiti e quelli con un contesto meno fortunato che fanno 6 ore di studio in sette giorni.

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