Una ricerca dell'Università di Perugia quantifica la "polarizzazione" politica sul tema caldo delle mazzette. Dal 2004 al 2013 la testata berlusconiana ha pubblicato 8mila articoli in materia, contro i 49mila di Repubblica. Ma soprattutto, spesso li ha associati a "sinistra", "Di Pietro", "Travaglio, "Santoro", per contrastare i loro attacchi al "Cav". Il professor Mancini: "Manca un senso condiviso del problema"
Il Giornale scrive molto meno di corruzione e dintorni rispetto a Repubblica, e quando lo fa associa spesso i suoi articoli a parole come “sinistra”, “Di Pietro”, “Travaglio”, “Santoro”. E’ la “polarizzazione” politica dell’informazione italiana quando affronta il tema scottante delle mazzette, che emerge da una ricerca dell’Università di Perugia sul “discorso pubblico della corruzione” i cui primi risultati sono stati presentati ieri in un convegno organizzato dalla Facoltà di Scienze politiche all’ateneo umbro. “E’ normale che ogni testata prema di più sui casi che mettono in difficoltà un avversario”, ha commentato il curatore della ricerca Paolo Mancini, professore di sociologia delle comunicazioni e fra i maggiori esperti di comunicazione politica nel nostro Paese, “ma quello che colpisce in Italia è che oltre alla copertura ‘di parte’ dei fatti non esiste un senso comune condiviso sul tema generale della corruzione”. E tra i due litiganti, i terzi (le cricche, i burocrati inamovibili, i politici impresentabili che vengono presentati lo stesso…) godono.
Lo studio, che fa parte del progetto europeo Anticorrp e a cui ha lavorato un team composto da Marco Mazzoni, Alessio Cornia, Rita Marchetti e Roberto Minigrucci, mostra inoltre che nei Paesi presi in considerazione (Gran Bretagna, Francia e Romania più altri che saranno analizzati più avanti), quello in cui i giornali presi in considerazione hanno parlato di più di corruzione e parole chiave collegate è la Gran Bretagna, ma “con una netta prevalenza di casi stranieri, per esempio sulla Russia, o di grandi aziende multinazionali, o ancora di vicende che riguardano lo sport”, ha spiegato Mancini. In Italia, invece, la materia prima si trova in casa, in abbondanza, e ha a che fare per lo più con la politica. Dal 2004 al 2013 le testate prese in considerazione (Rubblica, Corriere della Sera, Giornale, Sole 24 ore; non Il Fatto Quotidiano, nato nel 2009) hanno pubblicato 49.171 articoli su corruzione e parole chiave collegate (per esempio tangente, mazzetta, peculato…) contro i 50.211 della stampa britannica (Guardian, Times, Sun, Financial Times). Ma, appunto, hanno potuto attingere a piene mani alla casistica nostrana. Repubblica ne ha pubblicati oltre 18mila, il Corriere oltre 14mila, il Giornale 8mila, solo una manciata in più rispetto al Sole, che però è una testata economica.
E’ soprattutto dall’analisi delle parole che ciascuna testata usa di più rispetto alle altre negli articoli che parlano di corruzione che emerge la polarizzazione. Per il Giornale diretto da Alessandro Sallusti ed edito da Paolo Berlusconi, la più “sovracitata” in assoluto è “sinistra“, seguita da Cav, Di Pietro, Travaglio, D’Alema, Santoro. Dal direttore del Fatto al conduttore di Servizio pubblico, i personaggi “sovracitati” non sono mai stati coinvolti in accuse di tangenti o simili. Ma, spiegano i ricercatori, il Giornale di Sallusti tende a fare molti articoli in risposta quello che viene detto o scritto da loro contro Berlusconi. In misura così massiccia da diventare statisticamente evidente. Quanto a Repubblica, emerge che si è occupata molto più di tutti gli altri del caso Soria-Premio Grinzane Cavour, di corruzione legata alla mafia (con parole come clan, Sicilia…) e, ovviamente, di “bunga bunga” e “Ruby“. Il Corriere appare come un giornale meno polarizzato, e non si distingue per eccessi o difetti di copertura. Per esempio associa i temi della corruzione a Berlusconi molto meno di quanto facciano Repubblica e Giornale, sebbene con intenti opposti.
“Berlusconi”, rivela la ricerca, è anche il cognome italiano più esportato sui media stranieri in articoli legati alla corruzione. Ma anche la celebrata stampa britannica ha le sue polarizzazioni, “più legate al business che alla politica” ha spiegato Mancini. Rupert Murdoch è molto sovracitato dal Guardian, concorrente del gruppo del magnate australiano, e molto sottocitato dal Times, di cui Murdoch è proprietario.
Interessante, infine, l’analisi dei picchi del numero di articoli pubblicati sul tema, che in Italia si raggiunge nel 2010 in concomitanza con i casi della “cricca” del G8, del consigliere comunale milanese Mirko Pennisi, del sindaco di Bologna Flavio Delbono, del processo Berlusconi-Mills. Ma il singolo caso che più ha fatto impennare la copertura giornalistica tra il 2004 e il 2013 è stato quello dell’arresto dell’assessore lombardo Zambetti, culmine della serie di scandali che travolgeranno la giunta Formigoni, seguito poco dopo da quello di Franco Fiorito, er Batman dei rimborsi del Consiglio regionale del Lazio, che travolgerà la giunta Polverini. E chissà se il record è caduto nel 2014-2015 con Mose, Expo, Mafia capitale e, in ultimo, l’affaire Incalza-Grandi opere che ha portato all’annuncio delle dimissioni del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi.