I racconti, appena usciti per Il Saggiatore, contengono le classiche tematiche salingeriane come la solitudine e l'incomunicabilità. Ma c’è soprattutto, come osserva Delfina Vezzoli, traduttrice, il linguaggio: modernissimo per l’epoca, discorsivo e ricco di espressioni idiomatiche, tipiche dell’adolescenza
Con le avventure di Holden Caulfield è andato dritto al cuore di almeno quattro generazioni. Ma al capolavoro che lo ha consacrato autore di riferimento per milioni di giovani smarriti e velleitari come il protagonista de Il giovane Holden, J.D. Salinger è arrivato per approssimazioni successive: quelle che possiamo riconoscere nella raccolta dei suoi primi racconti, I giovani, appena uscita da Il Saggiatore. Tre brevi storie, scritte fra la fine degli anni Trenta e i primi Quaranta, nelle quali ci sono, in nuce, classiche tematiche salingeriane come la solitudine e l’incomunicabilità.
Ma c’è soprattutto, come osserva Delfina Vezzoli, traduttrice dei racconti finora inediti in Italia, il linguaggio: modernissimo per l’epoca, discorsivo e ricco di quelle espressioni idiomatiche, tipiche dell’adolescenza, che ritroveremo nel Giovane Holden. “Soprattutto il primo racconto, che dà il titolo alla raccolta, è stato una bella sfida: bisognava rendere attuali parole e modi di dire di settant’anni fa modernizzandoli senza tradirne il senso”. William, in grado di pronunciare solo frasi smozzicate, sciatte, approssimative, è l’antenato di Holden Caulfield: molto meno interessante di lui, anzi, a dire il vero decisamente “scimunito” come lo definisce Edna, tristissima co-protagonista de I giovani. Imbranato lui, condannata alla solitudine lei, si parlano senza ascoltarsi, indifferenti l’uno all’altra mentre intorno altri giovani animano un party ad alto tasso alcolico.
Come nel primo racconto, anche nel secondo non succede granché, ma si parla molto: “La chiacchiera” scrive nella postfazione Giorgio Vasta “come privilegio nonché spada di Damocle che incombe sulla gola di ogni personaggio”. Quella fra Bobby ed Helen, fratello e sorella, ha per oggetto uomini (amanti, produttori) che girano intorno a lei, ballerina di scarsa fortuna. Ma è nel terzo racconto, Una volta alla settimana, forse il più bello, certo il più straziante, che la conversazione si fa arte mettendo a nudo la solitudine estrema di Dickie, in procinto di partire per la guerra, inascoltato da una moglie vanesia e puntigliosa “che dopo tre anni non aveva ancora smesso di parlargli in corsivo”, e Rena, una zia mezza matta ma evidentemente più affettiva se è a lei che decide di affidare la clessidra che simboleggia lo scorrere della sua vita al fronte. Salinger scrisse questo racconto al suo di ritorno dal fronte. Un’esperienza che lo traumatizzò e che trasfuse in un altro successivo, celebre e celebrato racconto: Un giorno ideale per i pescibanana. Il soldato che qui parte, lì ritorna, segnato a morte dalla morte alla quale era scampato.