“Siamo vicini alla Tunisia” dicono i nostri rappresentanti. Ma qual è il messaggio che si vuole dare? E cosa si intende fare? Voglio farla semplice: la preoccupazione è inevitabile, la vigilanza armata di luoghi sensibili anche, ma il coraggio civile è la reazione intelligente, la paura non lo è. La Tunisia ha bisogno di superare subito la paura e lo choc del 18 marzo, lo farà stringendosi in piazza negli ideali della sua rivoluzione democratica e ospitando – tra le altre cose – il Forum Sociale Mondiale la prossima settimana. La Tunisia ha probabilmente anche bisogno di affinare strumenti e metodi della lotta contro il terrorismo, per non fare di tutta l’erba un fascio, per non alimentare un’area del rancore proprio nel momento in cui la possibilità di isolarli è massima.
Non mi rassicura che il Presidente Beji Essebsi ripeta: “Non avremo pietà”, sarebbe più rassicurante se fosse in grado di dire che non ci saranno più giovani disoccupati senza speranze come pare fossero i due improvvisati massacratori di turisti.
A questo punto un blogger di sinistra o semplicemente cristiano dovrebbe aggiungere “aiutiamoli quindi (a casa loro)”, cooperiamo facciamo il piano Marshall del Mediterraneo. Più che di armi e istruttori militari hanno bisogno di investimenti. Ma non faccio questa aggiunta di rito, capisco anche che si può investire solo se c’è un ritorno diretto, che poi però può avere anche conseguenze discutibili per noi (come la delocalizzazione dei call-center in lingua italiana). C’è una cosa molto più semplice da fare ed è quella di non avere paure irrazionali e di tornare subito al Bardo, in tanti, di andare in vacanza in Tunisia, in tanti.
E’ assurdo che qualcuno chieda al nostro governo di inserire la Tunisia nella lista dei paesi pericolosi da visitare. In termini di microcriminalità e di incidenti stradali in questi anni la Tunisia è stato meno pericolosa di quanto sia stata l’Italia per i turisti stranieri. Migliaia di pensionati italiani, soprattutto siciliani, si sono trasferiti a vivere sulla costa tra Hammamet e Nabeul. Se c’è stata la reazione di andare a Parigi dopo Charlie Hebdo, ci dovrebbe essere, tra i personaggi pubblici come tra la gente comune, la stessa reazione verso Tunisi.
Non c’è nessuna caccia allo straniero o al turista, da parte di nessuno. Saremo, ancor più di prima, accolti da amici. Comportiamoci dunque come tali.