Avrebbero applicato tassi d’interesse fino al 90 volte in più della somma prestata gli otto presunti componenti del clan dei Casamonica, coinvolto anche nell’inchiesta Mafia capitale, arrestati a Roma. Un imprenditore romano, a fronte di un prestito iniziale di 20’000 euro contratto nel 2007, è stato obbligato a restituire complessivamente 1’785’300 euro in sei anni. In manette, con l’accusa di estorsione aggravata e usura nei confronti di imprenditori romani, sono finiti quelli che gli investigatori ritengono boss e affiliati del clan romano attivo in zona Romanina, con ramificazioni in provincia e nei centri di Nettuno, Genzano, Lanuvio e Cerveteri.
Le indagini, condotte dalla squadra mobile di Roma e dal commissariato di polizia Vescovio, sono durate due anni. Nel 2013 un consulente immobiliare – titolare di attività di rivendita di articoli per illuminazione civile e industriali e di alcuni mobilifici – ha denunciato di essere stato vittima di un’estorsione e di minacce telefoniche di morte. L’uomo ha riferito di essere stato obbligato a pagare per ottenere protezione da parte di una persona presentatasi direttamente come appartenente alla famiglia dei Casamonica. Il clan – nelle persone di Enrico Casamonica, il fratello Antonio, il padre Consilio, il cugino Diego e il cognato Giuseppe Grancagnolo – concedeva agli imprenditori prestiti, pretendendo in cambio denaro e beni per lunghi periodi di tempo e in quantità illimitate. Le vittime erano costrette a una spirale di indebitamento che – qualora non onorato – determinava interessi incommensurabili da versare in rate a scadenza.
Ma emerge un altro particolare interessante. Le donne della famiglia Casamonica – Cristina, Virgilia e Francesca – risultano dall’inchiesta parte attiva degli affari: pretendevano dalle vittime oggetti di arredamento scelti dal catalogo dell’attività commerciale. Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari in carcere, sono state eseguite numerose perquisizioni e il sequestro di autovetture di pregio, orologi e preziosi.