Conosco molte persone che non mettono piede in una chiesa da anni, salvo per qualche funerale o matrimonio, ma che una volta diventati genitori, decidono di battezzare i propri figli.
L’ingresso nella chiesa mediante il sacramento del battesimo non corrisponde tuttavia ad una concreta volontà di continuità, ad esempio iniziando a far parte della comunità cattolica presenziando alla messa domenicale. Finito il battesimo, per il nuovo discepolo, le porte della chiesa non si riaprono più. Quasi tutti dicono di averlo fatto per accontentare il desiderio insistente dei nonni che ‘ci tenevano’.
Gli stranieri che vengono in Italia si domandano spesso come mai, in un Paese dove c’è una cappella in ogni frazione, o un crocifisso in ogni aula scolastica, le chiese siano vuote. Per secoli, dietro ogni nascita, ha dominato minaccioso lo spettro del limbo, orrendo contenitore dove i bimbi morti non battezzati vi restavano per l’eternità senza mai ricongiungersi a Dio.
La stessa Chiesa, in un documento del 2007 approvato dall’allora Papa Ratzinger, abolì di fatto il concetto di limbo, giudicandolo “una visione troppo restrittiva della salvezza”. Eppure, l’attuale pressione dei nonni nel voler ripulire l’anima ai propri nipoti, conferma che l’ombra del peccato originale sia ancora presente. I nonni sono i baby-sitters che fanno andare avanti il Paese, in molti casi impiegati su base giornaliera con contratti da fame a tempo indeterminato.
Recuperano i nipoti da scuola, li aiutano nel fare i compiti, li portano a calcio e a danza, cucinano primo, secondo e contorno, spingono passeggini con neonati strillanti nei parchi cittadini, corrono affannati dietro nipoti scalmanati, e credono di poter accampare qualche diritto nelle scelte (personalissime) dei genitori. E per quieto vivere, i figli accondiscendono.
L’orientamento religioso-spirituale da dare ai propri figli, non dovrebbe essere frutto di una scelta ponderata? Anche perché sbattezzarsi formalmente è sì possibile, ma per la Chiesa il sacramento resta irreversibile. Qualche tempo fa, di questi tempi, si è presentato alla nostra porta un prete. Si era in Quaresima, e come di consueto andava di casa in casa ad offrire la benedizione (pratica per la quale non l’avremmo certamente cacciato via in malo modo). I miei tre figli l’hanno accolto alla porta. Sorridendo, ha chiesto se i piccoli fossero battezzati. Gli abbiamo risposto di no.
Ha cominciato a parlarci dell’importanza della fede, del mistero del padre, del figlio e dello spirito santo. Poi, una volta finito il sermone, con la sua talare nera, ci ha voltato le spalle e se n’è andato. Senza benedire la casa. In tutta contrizione, di entrare a far parte di questo mondo, lascerò piena autonomia ai mie figli quando avranno l’età della ragione per sceglierlo.