“ENI has clearly lost control over its operations in the Niger Delta,”
“The Italian Government must investigate what is happening in ENI’s Nigerian operations.
These figures raise serious questions about potential negligence by the company going back many years.”
Audrey Gaughran, Amnesty International

Esce in questi giorni un rapporto di Amnesty International sulle attività di Eni e di Shell in Nigeria. Non è un rapporto molto edificante per nessuna delle due, specie per l’Italia.

Fra gli italiani dell’Eni e gli olandesi della Shell si contano infatti più di 550 perdite di petrolio nella regione del Delta del Niger nel solo 2014. In questo caso è l’Italia che vince con 349 riversamenti. Uno al giorno.  Nel 2013 le perdite Eni erano state 500, sempre secondo Amnesty. Nel 2012 quasi lo stesso, con 474 perdite secondo i dati governativi nigeriani.

La Shell nel 2014 ha riportato “solo” 204 perdite. In totale quindi fanno uno sversamento e mezzo al giorno. In Nigeria. In Europa, invece in media ce ne sono stati dieci all’anno, fra il 1971 ed il 2011. I nigeriani sono figli di un dio minore? Perché quello che per noi sarebbe uno scandalo, è tutto apposto in Africa? Per di più Amnesty afferma che molto probabilmente il numero di perdite ed il quantitativo di petrolio sono sottostimati, a causa della scarsa accuratezza nel riportare i dati.

La Nigeria produce circa 2 milioni di barili di petrolio al giorno, ed è una nazione i cui residenti sono poveri. Audrey Gaughran, direttore di Amnesty International si augura che ci sia una investigazione in Italia per negligenza da parte dell’Eni in Nigeria. Mi viene da sorridere, amaramente. L’Italia su questi temi è veramente indietro e se non riusciamo a sistemare la “negligenza” dell’Ilva di Taranto, o delle fiammate del centro oli di Viggiano, o dei veleni di Bussi, e ancora adesso, nel 2015, non ci sono leggi adeguate per la difesa dell’ambiente, come si può sperare che venga fatta qualsiasi cosa per le mangrovie e i ruscelli di Nigeria?

E certo, tutti ricordiamo la causa di qualche settimana fa, con la Shell che pagherà un risarcimento ai 15,000 pescatori coinvolti nell’inquinamento della comunità di Bodo per oltre ottanta milioni di dollari, ma per ogni causa che miracolosamente arriva ad un tribunale londinese, ci sono centinaia di disastri ambientali in Nigeria di cui nessuno sentirà mai parlare. E anzi, qui è stato tutto grazie all’avvocato Martyn Day di Londra che se l’è presa a cuore. Non so se ci siano studi legali che vorranno fare la stessa cosa in Italia.

Bloomberg ha contattato il rappresentante Eni Filippo Cotalini, che non ha risposto, come pure il rappresentante Shell in Nigeria, Precious Okolobo. Silenzio.

Claudio Descalzi vuole lui dirci qualcosa?

Qui immagini dell’Eni in Nigeria.

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