Di Gangi e il certificato antimafia negato. Paradiso e le telefonate dal boss della strage Borsellino. Menolascina indagato per corruzione. Cavallo arrestato nell'inchiesta Incalza. Tutti insieme appassionatamente tra Compagnia delle opere e Comunione e liberazione. E tutti grandi amici dell'ormai ex ministro. Spunta persino Saladino (Why Not). Che al telefono si vanta: "Ho conosciuto don Ciccio Mazzetta"
Anche Maurizio Lupi aveva il suo mondo di mezzo. Una consuetudine confidenziale con personaggi che da un lato hanno collezionato gravi vicende giudiziarie, dall’altro sono riuniti nella grande famiglia di Comunione e Liberazione, e in solidi rapporti con l’Ncd. Lupi, pur non essendo indagato, si è dimesso da ministro delle Infrastrutture in seguito ai fatti emersi dall’inchiesta su Ercole Incalza e le Grandi opere.
IL “FRATELLONE” DI GANGI E IL CERTIFICATOANTIMAFIA NEGATO. Nelle intercettazioni dell’inchiesta del Ros coordinata dalla Procura di Firenze emerge innanzitutto un solido rapporto con Salvatore Di Gangi (non indagato), imprenditore della sicurezza originario di Canicattì (Agrigento) da tempo stabilitosi a Roma. Salvatore è il fratello di Vittorio detto “er Nasca”, arrestato nella capitale nel 2012 con l’accusa di essere a capo di un vasto giro di estorsioni. Ma se le colpe non si trasmettono di fratello in fratello, anche Salvatore ha avuto i suoi guai con la giustizia. Nel 2009 la sua società Sipro – un importante gruppo della sicurezza fondato dal piduista Antonino Li Causi che ha lavorato per una sfilza di ministeri, dalla Difesa alle Infrastrutture, ma anche per Rai, Equitalia, Inail, Comune di Roma, Atac… – si è vista negare il certificato antimafia per “numerosi procedimenti penali per reati associativi, truffa, contro la persona e in materia di sostanze stupefacenti che annovera Salvatore Di Gangi” – insieme ai fratelli (Vittorio e Aldo) –, nonché il “rinvio a giudizio per estorsione”. Così scriveva la questura di Roma, poi ne è nato un procedimento amministrativo che ha visto il Tar accogliere il ricorso dell’azienda, e il Consiglio di Stato pronunciarsi in modo opposto. La Sipro, passata nelle mani dei familiari di Di Gangi, assicura di aver ottenuto il certificato antimafia “il 23 settembre 2009”.
Salvatore Di Gangi, però, è anche l’interlocutore di una telefonata molto amichevole con l’allora ministro Lupi, che in un’altra occasione lo chiama “fratellone”. “Ma vai a cagare, non vieni mai alle nostre cene”, esordisce scherzosamente il ministro, che si trova a Londra per le celebrazioni di san Tommaso Moro, nella conversazione intercettata dal Ros il 20 ottobre 2013. Di rimando, Di Gangi ironizza su un sit in di protesta che in quei giorni staziona davanti al ministero delle Infrastrutture: “Tu basta che mi ordini… io porto 200 soldati… li ammazziamo direttamente e buonanotte ai suonatori”. Di Gangi avrebbe dovuto essere della partita, ma a Lupi rinfaccia di aver organizzato un viaggio “tour de force” e poi lo rassicura: “Io se non vi sto vicino sto male… vi sto vicino da lontano”.
CAVALLO, DI GANGI E LE ELEZIONI NELLA COMPAGNIA DELLE OPERE. A ricevere la telefonata e a passarla a Lupi è Franco Cavallo, uno di protagonisti dell’inchiesta su Incalza, finito ai domiciliari. E’ l’accompagnatore di Lupi a Londra ma, secondo il Ros, avrebbe con Di Gangi “un comune interesse” in una società, tanto che in un’altra telefonata i due si accordano per incontrarsi e “firmare i bilanci”. Cavallo è socio della Dicanet – che si occupa anche lei di sicurezza – insieme alla High Security Consulting, che in una data non precisata conferisce una procura speciale a Giampiero Vitocolonna, amministratore delegato della Sipro e della Sipro Holding della famiglia Di Gangi. Cavallo viene dal mondo di Comunione e Liberazione, come Lupi, e fino al 2008 è stato amministratore delegato della Tempi duri srl, l’editore del settimanale ciellino Tempi diretto da Luigi Amicone, nonché tra i promotori della Fondazione per la sussidiarietà. E’ stato anche nel cda di Metropolitana milanese per poi diventare presidente di Centostazioni, la società controllata da Ferrovie dello Stato, dalla quale si è dimesso dopo l’arresto. Cavallo e Di Gangi, fra l’altro, parlano al telefono di strategie comuni in vista delle elezioni interne della Compagnia delle Opere a Roma. C’è da bloccare la candidatura di un soggetto non meglio specificato, detto “il grezzo”.
PARADISO E LE TELEFONATE DEL BOSS SCOTTO. La sfolgorante carriera pubblico-privata di Cavallo si è accompagnata a frequentazioni che hanno attratto l’attenzione dei carabinieri del Ros. Tra i personaggi che hanno “rapporti economici” con Cavallo gli investigatori includono Vincenzo Biagio Paradiso (neppure lui indagato nell’inchiesta Incalza), di Castell’Umberto in provincia di Messina, che nel 2004 finì indagato per concorso esterno in associazione mafiosa perché nell’ambito dell’inchiesta sulla strage di via D’Amelio erano emerse due telefonate verso sue utenze da parte di Gaetano Scotto, boss dell’Arenella, mandamento che include la strada dove Paolo Borsellino fu fatto saltare in aria con la sua scorta. Interrogato sul punto, annotano i Ros, Paradiso si avvalse della facoltà di non rispondere, ma la sua posizione fu archiviata dalla Procura di Caltanissetta anche per l’impossibilità di conoscere il contenuto di quelle conversazioni. Esponente della Compagnia delle opere, poi amministratore delegato e direttore fino all’ottobre 2014 di Sviluppo Italia Sicilia, all’epoca Paradiso collaborava con il Cerisdi, ente pubblico con sede a Castello Utveggio, di cui molto si è scritto come sede di copertura dei servizi segreti. Nel settembre 2012 è Cavallo a organizzare un incontro fra Paradiso e Stefano Perotti, il re delle direzioni lavori arrestato con Incalza, per il quale è prevista la presenza del ministro Lupi e di Gabriele Toccafondi, sottosegretario Ncd all’istruzione. Cavallo e Paradiso risultano soci nella Capa srl di Milano, società di consulenza aziendale. Che fra l’altro il 4 ottobre 2012 intasca 24.200 euro per un piano di marketing territoriale della Regione Sicilia.
LA CENA DELL’UDC E LA RACCOMANDAZIONE PER IL TEST DELLA BOCCONI. C’è poi Salvatore Menolascina (non indagato dalla Procura di Firenze), patron della coop La cascina di Bari, “indagato dalla Procura di Potenza per associazione a delinquere, truffa e corruzione in relazione all’aggiudicazione di una gara del ministero della Difesa”, annota il Ros. Dalle intercettazioni emerge la sua amicizia con Emanuele Forlani (non indagato), stretto collaboratore di Lupi, con cui si incontra per discutere gli affari di La Cascina. Nel gennaio 2014, Menolascina organizza una cena riservata con il ministro in occasione della convention Ncd a Bari, la stessa per cui il munifico Cavallo si attiva per far arrivare il biglietto aereo alla moglie di Lupi. Una cena cui Menolascina vorrebbe far partecipare “qualcuno del mondo nostro e qualcun altro non del mondo nostro che vorrebbe stare (esserci, ndr)”. Obiettivo, chiarisce Lupi, avere “una mano'” per la campagna elettorale. Il giorno dopo uno dei partecipanti scrive a Cavallo una mail in cui chiede a sua volta un “aiuto” per la figlia di un professore che deve affrontare il test d’ingresso alla Facoltà di giurisprudenza dell’Università Bocconi. Il cerchio del ministro si attiva perché, si legge in un’intercettazione, lì ci “sono persone che potrebbero stare con noi”. Le carte non raccontano come è andata a finire.
I VANTI DI SALADINO: CICCIO MAZZETTA E LIGATO. Nella rete di contatti di Menolascina e Cavallo compare anche Antonio Saladino (neppure lui indagato), il presidente della Compagnia delle Opere in Calabria protagonista dell’inchiesta Why not condotta da Luigi De Magistris, prescritto in Cassazione dopo una condanna in appello. In una telefonata del 17 febbraio 2014, Saladino, imprenditore delle cooperative di servizi, racconta al solito Cavallo del sostegno ricevuto da Lupi e Forlani: si sarebbero attivati per lui con l’allora presidente della Regione Giuseppe Scopelliti. Ma soprattutto, Saladino si vanta di aver conosciuto “Ciccio Mazzetta“. Data la perplessità dell’interlocutore, Saladino chiarisce: “Lui faceva del bene a tutti però voleva pagato… Tutto si pagava e aveva fatto un ospedale a Taurianova… don Ciccio dava lavoro a tutti… i costi della politica”. Chi sia Ciccio Mazzetta lo ricordano gli investigatori del Ros: “Al secolo Francesco Macrì, pluripregiudicato, già presidente dell’Usl di Taurianova (Reggio Calabria)”. Poi l’impreditore parla di un appalto da 12 milioni per le pulizie alle Ferrovie che si sarebbe sviluppato grazie ai rapporti con Ludovico Ligato. Anche qui è il Ros a restituire memoria storica: “Presidente delle Ferrovie dello Stato ucciso a Reggio Calabria in un agguato di stampo mafioso il 27 agosto 1989”. E con questo ultimo aneddoto edificante si chiude il cerchio non troppo magico del ministro Lupi.