Il ciclista tedesco beffa negli ultimi metri Kristoff e vince la prima grande classica della carriera. Il piazzamento dell'atleta italiano, giovanissimo sprinter della Lampre classe ’93, fa ben sperare per il futuro
John Degenkolb come Erik Zabel: la Milano-Sanremo torna in Germania, 14 anni dopo l’ultimo trionfo del grande velocista, vincitore per quattro volte fra il ’97 e il 2001. E la “Classicissima” torna ad essere una gara per velocisti. Non bastano i passaggi poco emozionanti sulle tante salite previste, inutile anche l’idea degli organizzatori di accorciare il percorso di un chilometro e piazzare l’arrivo in via Roma: una mossa che sulla carta avrebbe dovuto favorire le azioni sull’ultima ascesa, togliendo terreno alla rimonta del gruppo.
Invece sulla Cipressa non succede nulla, sul Poggio appena qualche schermaglia fra chi avrebbe dovuto fare molto di più per vincere la corsa. Tutti i favoriti, da Gilbert a Cancellara, da Sagan a Van Avermaet, deludono o comunque restano troppo passivi. Anche il nostro Vincenzo Nibali non è pervenuto. E nella volata di gruppo la spunta il colosso Degenkolb, davanti ad Alexander Kristoff (campione uscente, che fino a 20 metri dal traguardo aveva sognato uno storico bis) e Michael Matthews.
Germania, Norvegia, Australia. Il migliore degli azzurri, alla fine, è Niccolò Bonifazio, giovanissimo sprinter della Lampre, classe ’93, ottimo quinto al debutto. Un piazzamento che fa ben sperare per il futuro, ma non spezza la maledizione della classica di primavera: le edizioni di astinenza adesso sono nove, l’Italia non vince dal 2006 con Filippo Pozzato. La Milano-Sanremo è sempre più straniera.
La prima parte della corsa è quasi solo un transito dalla Lombardia alla Ligura. Vive della solita fuga generosa ma destinata a naufragare col passare dei chilometri. Sono in 11: Jan Barta, Maarten Tjallingij, Andrea Peron, Stefano Pirazzi, Adrian Kurek, Serge Pauwels, Julien Berard, Tiziano Dall’Antonio, Marco Frapporti e Matteo Bono, che sarà l’ultimo a mollare. La gara vera, come spesso accade, comincia sulla Cipressa, ai meno trenta dall’arrivo. Qui l’anno scorso Vincenzo Nibali aveva tentato un’azione d’altri tempi, entusiasmando il pubblico prima di arrendersi al ritorno del gruppo.
Quest’anno il campione italiano ha avuto un avvio di stagione complicato; e probabilmente i guai col fisco non l’hanno aiutato a preparare la classica nel migliore dei modi. Lo squalo di Messina non si vede e non si vedrà (si staccherà sulle rampe più difficili del Poggio), nessuno ha il coraggio di anticipare i tempi. La prima fiammata è di Zdenek Stybar, ceco vincitore della Strade Bianche. Solo un’avvisaglia. Più che le mosse dei singoli (davanti per qualche chilometro si avvantaggiano Thomas e Oss), è lo sforzo di gruppo del Team Sky e della Bmc (di Gilbert e Van Avermaet) a segnare la corsa.
Bisogna aspettare il Poggio, allora, ai cui piedi il plotone è ancora formato da una cinquantina di unità. Quando sale la strada la Katusha tira il gruppo per il norvegese Kristoff, campione uscente, che gradisce ritmi non forsennati. Ci vorrebbe ben altro. Ci prova Gilbert, poi Sagan e Van Avermaet. Nessuno, però, con la convinzione (o la gamba) per fare il vuoto. Paradossalmente fa più differenza la discesa, che mette ko con una caduta tre pezzi da novanta come Gilbert, Kwiatkowski e Stybar. Arrivano in più di venti a giocarsi la vittoria. Degenkolb beffa negli ultimi metri Kristoff e vince la prima grande classica della carriera. Una volata in piena regola, da cui esce a braccia alzate un velocista. A tutti gli altri il rammarico di non aver fatto abbastanza per evitarlo.
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