Tutta colpa di un “errore”. E di un bonifico da 30 milioni di euro che finisce nel conto corrente “sbagliato”. A leggere il memorandum sulla presunta truffa ai danni dell’Inpgi consegnato il 5 marzo scorso all’Istituto di previdenza dei giornalisti da Andrea Marani, legale del blasonato studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & Partners, l’operazione che ha permesso alla Sopaf dei Magnoni di acquistare con i soldi dell’Inpgi le quote del Fip (Fondo immobili pubblici) dalla Immowest e poi rivenderle allo stesso ente ricavando un guadagno immediato di 7,6 milioni di euro sarebbe frutto di una svista. Un “errore”, appunto, che emerge a sei anni di distanza dall’investimento e a un anno dalle prime notizie sull’indagine condotta dalla Procura di Milano, che ha portato al rinvio a giudizio di Giorgio e Luca Magnoni, con l’ipotesi anche di truffa aggravata nei confronti dell’Inpgi, e all’apertura delle indagini per concorso in tale reato per altre persone, tra cui il presidente dell’Istituto, Andrea Camporese, che ha sempre respinto le accuse.
In base all’escrow agreement sottoscritto il 24 febbraio 2009 tra Inpgi, Sopaf e Intesa Sanpaolo, entro il 5 marzo successivo si sarebbe dovuta perfezionare l’operazione con il pagamento di 30 milioni di euro da parte dell’Inpgi e la contemporanea consegna delle quote del Fip. Prima del closing, si legge nel documento, i soldi dovevano essere versati su un conto vincolato intestato a Sopaf e trasferiti da Intesa Sanpaolo in un secondo conto non vincolato solo al momento dell’intestazione delle quote all’Istituto. Ma le cose vanno diversamente. Il 3 marzo avviene il versamento, direttamente sul conto Sopaf non vincolato, mentre il closing del contratto con consegna delle quote viene effettuato il 12 marzo. Il tempo necessario perché i Magnoni utilizzino i soldi dell’Inpgi per acquistare le quote del Fip dalla Immowest. Ma non sufficiente perché qualcuno si accorga, all’Inpgi, della “svista”.
La tesi dell'”errore”, però, non è risolutiva. Anzi, apre nuovi interrogativi sul caso. Per esempio chi ha dato materialmente l’ordine di bonifico, il 3 marzo 2009, dagli uffici dell’Inpgi? Chi, e perché, all’interno dell’Istituto conosceva il conto Sopaf non vincolato, a cui solo Intesa Sanpaolo avrebbe dovuto trasferire i 30 milioni contestualmente alla consegna delle quote del Fip? Possibile che la stessa banca, che pure ha obblighi di segnalazione alle autorità nel caso di operazioni per importi elevati, e che era di fatto garante dell’escrow agreement, non si sia accorta di un bonifico di 30 milioni su un conto sbagliato? Ma il memorandum dello Studio Gianni Origoni Grippo Cappelli Partners (LEGGI QUI IL TESTO COMPLETO) che solleva il tema, non risponde ad alcuna di queste domande. Anche perché il mandato ricevuto dall’Inpgi era di esprimere un parere sul comportamento del presidente Andrea Camporese e dalla Sopaf esclusivamente dal punto di vista civilistico e regolamentare. La conclusione del documento è che Camporese aveva i poteri per firmare i contratti con Sopaf e che la finanziaria non ha mai scritto di essere in possesso delle quote, quindi non avrebbe imbrogliato l’Inpgi. Peccato che nessuna considerazione venga riservata al pagamento anticipato dei 30 milioni sul conto “sbagliato” e all’utilizzo che è stato fatto di questa somma dell’Inpgi nei nove giorni in cui Sopaf non era ancora proprietaria delle quote.
Non è un caso che qualcuno tra i dirigenti dell’istituto, di fronte alla pubblicazione del memorandum da parte del presidente dell’Ordine dei giornalisti, Enzo Iacopino, sulla sua pagina Facebook, abbia deciso di reagire. Pierluigi Roesler Franz, sindaco dell’ente oggi come ai tempi dell’operazione Fip, che pure fino a qualche giorno fa difendeva pubblicamente l’investimento e le posizioni assunte dall’Istituto, ha chiesto l’apertura di una commissione di indagine interna, da affidare alla Presidente del Collegio Sindacale, Stefania Cresti – nominata dal ministero del Lavoro insieme al consigliere di amministrazione Fiorella Kostoris Padoa Schioppa oggi candidata per il cda del Monte dei Paschi di Siena – e agli altri due sindaci ministeriali, Virgilio Povia (Presidenza del Consiglio) e Vincenzo Limone (ministero dell’Economia).
Una mossa di difesa, anche rispetto ai possibili rilievi che potranno essere sollevati dalla Corte dei Conti sull’intera operazione e sulle decisioni assunte dai vertici dell’Istituto, ma forse tardiva per tutelare gli interessi dell’Istituto rispetto al procedimento penale in corso al Tribunale di Milano nei confronti di Giorgio e Luca Magnoni, la cui prossima udienza è fissata il 14 aprile per decidere sulla richiesta di patteggiamento dei due imputati rispettivamente a 4 anni e 6 mesi e 3 anni e 6 mesi. Nel procedimento l’Inpgi ha infatti deciso di non costituirsi parte civile, a differenza degli altri due enti truffati secondo gli inquirenti, Enpam e Cassa dei ragionieri il cui ex presidente Paolo Saltarelli è stato arrestato nello scorso novembre.