Ugf è un gruppo complesso e articolato e redigerne i bilanci a digestione di FonSai in corso è un’operazione molto impegnativa, che costa tempo e fatica. Per questo probabilmente i progetti di bilancio di Unipol Gruppo Finanziario e di UnipolSai – pur approvati dai rispettivi consigli d’amministrazione – non sono ancora stati messi a disposizione del pubblico e degli azionisti. Solo allora molte domande potranno finalmente trovare risposta, a partire da quelle che riguardano la recente fusione Unipol Banca-Banca Sai, avvenuta un po’ in sordina il novembre scorso e per la quale i due azionisti (Ugf e UnipolSai) hanno volontariamente rinunciato a predisporre la documentazione completa atta a valutare le condizioni economiche della fusione e la congruità del concambio. Bilanci alla mano si capirà un po’ meglio come sia riuscito il miracolo di ridurre le perdite del settore bancario del gruppo dai quasi 300 milioni di euro del 2013 agli 83 milioni di rosso dichiarato per il 2014 a fronte anche di nuove rettifiche e svalutazioni per 450 milioni di euro. E si capirà anche come mai tali perdite vengano integralmente contabilizzate nel consolidato di Unipol Gruppo Finanziario, mentre non sembrano avere alcun impatto sui conti consolidati di UnipolSai che pure della nuova entità bancaria possiede ben il 42,25%. Miracoli & misteri di un bilancio che sbandiera risultati positivi solo ed esclusivamente da un punto di vista finanziario, perché da quello industriale le note dolenti sono ancora molte. Come spiegare ad esempio il dimezzamento degli utili netti nel ramo Vita (171 milioni contro i 363 del 2013) a fronte di una crescita dei premi del 28,8% a 8,7 miliardi di euro? Considerando anche il ramo Danni, che ha fortemente risentito della congiuntura economica negativa ma che è anche il punto di forza del gruppo, il risultato netto consolidato del settore assicurativo è di 870 milioni, in crescita di appena l’1,5% rispetto al 2013, mentre tutti gli altri comparti di attività sono in perdita, a partire dal settore holding che registra un rosso di 235 milioni per arrivare ai 46 milioni del comparto immobiliare, passando agli 83 milioni di rosso del settore bancario.
Anche sotto il profilo finanziario, però, la gestione del gruppo bolognese non sembra del tutto ottimale come testimonia il reiterato tentativo di ritirare dal mercato prestiti obbligazionari emessi in passato a fronte dell’emissione di nuovi titoli con rendimento inferiore e scadenza più lunga. La “bestia nera” è un prestito obbligazionario non garantito da 750 milioni emesso nel 2009 con una cedola fissa del 5% e scadenza nel 2017. All’inizio del 2014 Unipol aveva tentato di “liberarsene” proponendo ai detentori lo scambio con un titolo di più lunga durata (2021) e a cedola più bassa (4,375%). L’offerta di scambio non ha riscosso un gran successo e sui 500 milioni richiesti sono stati consegnati vecchi titoli per poco più di 352 milioni. Così, qualche settimana fa, il gruppo bolognese è tornato alla carica, peraltro arruolando in qualità di deal manager Mediobanca che lo scorso anno non aveva potuto partecipare all’ops causa vincoli Antitrust relativi proprio alla fusione Unipol-Fonsai. La nuova offerta di scambio era rivolta sia ai detentori del titolo in scadenza nel 2017, sia a quelli del prestito emesso lo scorso anno con scadenza 2021. In cambio è stato proposto un nuovo bond, scadenza 2025 e rendimento del 3%. Come si può immaginare, non c’è stata la corsa a consegnare i titoli in offerta e alla fine sul mercato restano ancora circa 300 milioni di euro del vecchio bond in scadenza nel 2017 e circa 320 milioni di quello in scadenza nel 2021. A questi si aggiunge l’emissione da un miliardo di euro del nuovo titolo scadenza 2025 che – come dichiara Unipol gruppo finanziario – ha “l’obiettivo di ridurre il costo medio del debito, allungandone al contempo la scadenza, e rafforzare i presidi di liquidità disponibili per la società”. Insomma, detta così sembra di capire che si aumenti il debito (anche) per generare liquidità che, evidentemente, o non viene prodotta a sufficienza o viene assorbita e distrutta da qualche parte della catena. Chissà se i bilanci 2014 potranno contribuire a sciogliere anche quest’ultimo enigma: non resta che aspettare e vedere.