Lo dimostra uno studio giapponese coordinato da Takashi Nojiri, della Osaka University, e pubblicato su Pnas. La speranza - dicono i ricercatori - è che questo composto possa essere parte di una nuova classe di farmaci disegnati per bloccare la diffusione dei tumori”
Un farmaco usato contro l’arresto cardiaco è in grado di ridurre il rischio di metastasi, e ostacolare la diffusione di cellule tumorali nell’organismo. Lo dimostra uno studio giapponese coordinato da Takashi Nojiri, della Osaka University, e pubblicato sui “Proceedings of the national academy of sciences” (Pnas).
“Il cancro è una malattia crudele: a volte un intervento chirurgico salvavita – si legge in un articolo di commento sulla rivista “New Scientist” -, può esso stesso contribuire alla diffusione di cellule tumorali in altre parti dell’organismo”. È proprio a questo livello che interviene la ricerca giapponese. “Un’operazione chirurgica per asportare un tumore solido – scrivono gli scienziati nel loro studio – è spesso accompagnata da trauma, che può indurre un’infiammazione sistemica, e/o provocare il distacco di cellule tumorali che finiscono nel torrente sanguigno, generando metastasi”.
“I principali farmaci anticancro – sottolinea New Scientist – non fermano le metastasi, ma si limitano a uccidere le cellule tumorali con le quali entrano in contatto”. Come superare questo limite? I ricercatori nipponici stanno da tempo studiando gli effetti di un ormone di origine proteica, prodotto da cellule specializzate del miocardio. Si chiama “peptide natriuretico atriale” (Anp), e abbassa la pressione sanguigna agendo sui reni. “Il nostro studio – scrivono i ricercatori su Pnas – suggerisce che l’Anp è in grado di prevenire le metastasi, inibendo l’adesione delle cellule tumorali alle cellule endoteliali dei vasi sanguigni”.
In un certo senso, questo ormone cardiaco sbarra le porte delle pareti dei vasi alle cellule cancerose, rendendone più difficile l’ingresso e la conseguente diffusione in altri distretti corporei. “Lo studio potrebbe rappresentare un passo avanti importante”, afferma su New Scientist Andrew Reynolds, dell’Institute of cancer research di Londra, non coinvolto nella ricerca. “L’Anp – sottolinea Nojiri, che coordina il team nipponico – agisce sui vasi sanguigni, piuttosto che sulle cellule cancerose. Potrebbe, pertanto, essere usato su tutti i tipi di tumori – spiega lo studioso, che sta collaborando con un’azienda farmaceutica giapponese per trasformare l’Anp in un farmaco anticancro -. La speranza – conclude Nojiri – è che questo composto possa essere parte di una nuova classe di farmaci disegnati per bloccare la diffusione dei tumori”.