La legge sui delitti contro l’ambiente rischia di passare alla storia come uno dei più clamorosi casi di provvedimento legislativo caduto a causa di fuoco amico.
Prim’ancora di scendere sul campo di battaglia, peraltro, dato che l’articolato in questione è ancora all’esame della Camera.
Se, infatti, è “normale”, in questo paese, che il Presidente degli industriali patri, che in varie loro espressioni, non proprio secondarie, non si sono precisamente coperti di gloria sotto il profilo “dell’ecosostenibilità”, per dirla in maniera eterea, carichi a testa bassa questo disegno di legge sul bizzarro assunto che esso asserirebbe che “gli industriali sono malfattori per definizione”, sono, invece, assai meno comprensibili talune posizioni in questa materia di uomini dalla indubitabile sensibilità ambientale e dalla prestigiosa storia ambientalista, anche in ambito giuridico.
Non è questa la sede per un esame organico del testo approvato qualche settimana fa dal Senato. Un testo, non si fatica a riconoscerlo da subito, che continua a presentare non poche e non residuali criticità. Ma, forse, per questo, non sarebbe il caso di imputargliene altre assai più discutibili. A partire da quella costituita da un avverbio che rischia di diventare la nuova pietra di un improbabile scandalo: “abusivamente”.
E’ la locuzione contenuta nei due nuovi fondamentali delitti introdotti nel codice penale: quello di inquinamento e quello di disastro ambientale. Il primo lo commette “chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili” delle matrici ambientali; il secondo “chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale” specificato nel prosieguo della norma.
Questa formulazione ha sostituito quella che era stata approvata lo scorso anno dalla Camera secondo la quale, per la configurabilità dei due reati, occorreva da parte dell’autore del fatto la previa “violazione di disposizioni legislative, regolamentari o amministrative, specificamente poste a tutela dell’ambiente e la cui inosservanza costituisce di per sé illecito amministrativo o penale”.
Secondo alcuni autorevoli commentatori, questa modifica significherebbe che “mentre prima si richiedeva una condotta illecita per violazione di legge, adesso tutto dipende solo dalla presenza o meno di un’autorizzazione della P.A.”. In tal senso, si cita il reato di “attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti”, previsto dal “Testo Unico Ambientale” (TUA), in cui v’è un’identica clausola di “abusività”. Secondo quest’interpretazione, l’avverbio “abusivamente” sarebbe “sempre stato interpretato dalla giurisprudenza nel senso che ‘si riferisce alla mancanza di autorizzazione, che determina l’illiceità della gestione organizzata e costituisce l’essenza del traffico illecito di rifiuti’”.
Non pare che le cose stiano proprio così.
La Cassazione sin dal 2008 ha fortemente ridimensionato il ruolo dell’autorizzazione nell’economia complessiva di quel reato, equiparando la carenza di quest’ultima alla “violazione delle regole vigenti in materia”, con ciò asserendo che, ai fini dell’integrazione del reato, è sufficiente anche quest’ultima, pur in presenza di un titolo abilitativo formalmente valido.
Tutto ciò non potrà non valere anche per i nuovi delitti ambientali.
Un esempio di norma generale, in ambito di emissioni inquinanti, che potrebbe esser invocata per fondare una responsabilità dell’inquinatore anche in presenza di un’autorizzazione, è quella contenuta in un allegato al TUA, in materia di valori di emissione, per cui “in via generale le emissioni di sostanze ritenute cancerogene e/o tossiche per la riproduzione e/o mutagene devono essere limitate nella maggiore misura possibile dal punto di vista tecnico e dell’esercizio.”
Ma nel nostro ordinamento penale è principio generale quello per cui un atto amministrativo non possa mai costituire una “licenza di delinquere”. Ne è emblema il più classico degli abusi, quello edilizio: questo reato, infatti, può ben consumarsi anche in presenza di un valido permesso a costruire, se questo violi le norme che regolano la materia.
La storia (a tacer della cronaca) della politica e della legislazione ambientale in questo paese è tale da legittimare ogni sospetto sull’operato di queste classi dirigenti. E neanche questo ddl, in alcune sue parti, può esser immune da “sospetti”. L’avverbio “abusivamente”, forse, non è una di quelle parti.