L’altra sera a Servizio Pubblico quel farfallone di Testa di Chicco faceva lo spiritoso: “Ora Renzi metterà Cantone al posto di Lupi, così anche Travaglio sarà contento”. Non so se sia vera l’intenzione che alcuni giornali attribuiscono al premier di nominare ministro delle Infrastrutture un magistrato a scelta fra Raffaele Cantone, attuale capo dell’Autorità Anticorruzione, e Nicola Gratteri, procuratore aggiunto antimafia a Reggio Calabria. Se lo fosse, personalmente, penso che non sarebbe una buona idea. Cantone e Gratteri sono due ottimi magistrati e due persone specchiate. Conoscendo la macchina giudiziaria, sarebbero perfetti come ministri della Giustizia per disincepparla e farla finalmente funzionare. Renzi aveva avuto il merito di proporre Gratteri come Guardasigilli, ma poi – dinanzi all’indecente diniego di Napolitano – aveva subito battuto in ritirata, facendosi imporre Orlando, brava persona per carità, ma assolutamente inadeguato al ruolo.

Le Infrastrutture cioè i Lavori Pubblici e i Trasporti –sono tutt’altra materia: necessitano di scelte politiche radicali, possibilmente in controtendenza con quelle che ammorbano l’Italia da trent’anni indipendentemente dal colore dei governi, dominate dal partito delle grandi opere, cioè delle mazzette e delle mafie. È inutile girarci intorno: a parte poche eccezioni di lavori utili, la corruzione non è mai stata la conseguenza di quei progetti miliardari, ma la causa, anzi il movente. Si sono inventate opere faraoniche quanto inutili (o si è perseverato con quelle che erano utili quando furono concepite, negli anni 80, prima che il mondo cambiasse) pur di far girare fiumi di soldi pubblici e ingrassare clientele, cosche, partiti, burocrati e amici degli amici. Se Renzi vuole finalmente dare un senso e un seguito allo slogan della rottamazione – finora usato solo come esca per elettori gonzi e come minaccia per gli avversari interni – deve azzerare tutto e ripartire da ciò che serve all’Italia di oggi e di domani: molte piccole e medie opere leggere di manutenzione, riassetto, bonifica e abbellimento, e poche grandi opere pesanti compatibili con l’ambiente e con le nuove esigenze di lavoro e di spostamento degli italiani e dei turisti. Per farlo, occorrono politici che si assumano la responsabilità delle proprie scelte dinanzi al Parlamento e agli elettori.

La partenza di Lupi regala a Renzi una splendida occasione per fare un po’ di pulizia, cacciando gli inquisiti (i sottosegretari Barracciu, De Filippo, Castiglione e Faraone) e i compromessi col sistema Incalza (il viceministro Nencini e il sottosegretario Del Basso de Caro). Ma anche gli incompetenti e gli inefficienti. L’idea che un indagato non possa avere ruoli di pubblica responsabilità e che anche un non indagato debba sloggiare se è inadeguato o imbarazzante per i suoi comportamenti, è condivisa da tutti gli italiani con un minimo di sale in zucca, dunque non dalla maggioranza della classe politica e giornalistica. Ciò detto, Cantone sta bene dove sta, e chi lo candida continuamente a tutto (manca soltanto che lo propongano per Miss Italia e il prossimo Festival di Sanremo) gli rende un pessimo servigio. Gratteri può essere un ottimo ministro della Giustizia, anche perché la commissione di cui fa parte con Davigo, Di Matteo e altri esperti ha appena partorito un pacchetto di serissime proposte per la lotta alla malavita e al malaffare. Ma con le Infrastrutture c’entra come i cavoli a merenda, ed è il primo a saperlo. Il peggiore degli errori però sarebbe l’occupazione del ministero liberato da Lupi da parte del Giglio magico renziano. I sospetti di opacità affaristiche nei dintorni di Palazzo Chigi, nati ai tempi d’oro del Nazareno con i regali a Mediaset e cresciuti a gennaio con i decreti sul condono fiscale e sulle banche popolari (con le speculazioni sui titoli di Banca Etruria) bastano e avanzano, senza bisogno di aggiungerne altri.

L’amichetto del premier Luca Lotti, poi, non ha la statura né la competenza per ereditare la poltrona, e nemmeno Graziano Delrio (che oltretutto ha nove figli). Forse, prima di scegliere il successore di Lupi, Renzi dovrebbe fare due cose.

1) Spiegare pubblicamente la vera ragione per cui ha auspicato le dimissioni di Lupi. L’ha fatto perché ritiene clamorosamente sbagliata la sua politica in tema di grandi opere, per la lievitazione dei costi fino al 40 %, per l’occupazione del ministero da parte degli Incalza e degli altri faccendieri? O “soltanto” per l’orologio e l’aiutino al figlio? La prima ipotesi impone un radicale cambio di rotta, iniziando dallo smantellamento della legge Obiettivo di Lunardi & B., che è l’apoteosi dei conflitti d’interessi. La seconda significa che, se Lupi fosse scapolo o senza figli, sarebbe ancora al suo posto.

2) Fissare un nuovo programma sulle infrastrutture (anche perché l’attuale l’ha scritto Incalza) consultando il Parlamento e i migliori esperti del settore, estranei ai soliti giri e alle solite greppie, portatori di un pensiero moderno e ambientalista che non soffra di sindrome Nimby (“non nel mio giardino”), ma non abbia paura di cancellare le opere inutili, costose, dannose e superate dai tempi. Soltanto dopo avrà un senso parlare di nomi e scegliere la persona giusta per dirigere il ministero. Possibilmente celibe (o nubile), oppure vedova. E soprattutto sterile.

il Fatto Quotidiano, 22 marzo 2015

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