Può uno squalo diventare vegetariano? Purtroppo nonostante i buoni auspici e le buone intenzioni non è possibile e appena il temibile predatore avrà fame sbranerà senza indugio il primo pesce più piccolo che si troverà sotto tiro. E’ la spietata legge della natura. Non è colpa dello squalo. E di conseguenza è inutile costituire un comitato a difesa dei pesci più piccoli per tutelarli dal temibile predatore dei mari. Anche se a loro va la mia solidarietà.
Tuttavia, la storia cambierebbe se il famigerato predatore (che si limita a seguire semplicemente il suo istinto) fosse volutamente immerso in un acquario con altri pesci e si dovesse assistere ad una spietata decimazione. Tutti coloro che sono a conoscenza dell’ancestrale regola che ‘il pesce grande mangia quello piccolo’ sanno che se i piccoli non vengono tolti dall’acquario saranno sbranati.
Quindi, non serve essere ittiologi per comprendere una semplice regola della natura. Come non serve essere economisti per capire che se leghi ad un cambio fisso economie con competitività, produttività e inflazioni differenti le grandi spolperanno quelle piccole. Già Robert Mundell negli anni ’60 mostrò che se un’area valutaria non è ottimale le economie forti diventeranno esportatrici e creditrici, quelle deboli importatrici e debitrici. L’euro non è un’area valutaria ottimale. L’Eurozona è un acquario con un grande squalo (la Germania) e tonni che fuggono in affanno (l’Italia).
La bibliografia in materia cresce di giorno in giorno, però le tesi prevalenti restano le stesse. Un esempio è Con i nostri soldi di Leopoldo Nascia e Andrea Baranes, un libro accessibile anche a chi non mastica economia. Un’analisi accurata dell’attuale situazione politico economico globale ed europea in particolare. Da esso trapela un disegno di società condivisibile ed auspicabile.
Ma in questo testo (come in altri scritti pubblicati di recente) si evince l’incapacità di una certa area politica a non voler ancora ammettere che si sta alimentando un enorme inganno sociale nel confondere l’Europa con l’euro. Vale a dire l’auspicata fratellanza tra popoli invece che una moneta comune che, come spiegato da più premi Nobel, senza politiche redistributive è insostenibile.
Finché la sovranità monetaria sarà esercitata da banchieri, che intanto inaugurano la nuova sede dal costo di 1,3 miliardi di euro, la politica sarà succube della finanza. Una subalternità che danneggia proprio quelle classi sociali più deboli la cui rabbia diventa un potente concime per la crescita di nuovi fascismi. In altre parole la mancanza di mea culpa di ciò che resta della sinistra è una delle ragioni dell’espandersi della destra in Francia e anche in Italia; una destra che usa i problemi generati dall’euro per ridisegnare un’Europa non accogliente e settaria. Un rigurgito della storia che va subito fermato.
Cambiare il nome Troika con ‘Istituzioni’ non riempie i piatti dei pensionati e dei disoccupati greci, ma fa crescere solo la rabbia. Una rabbia che in Paesi devastati da questa guerra economica come la Grecia rischia di essere accolta dai nazisti di Alba Dorata.
Attraverso l’euro in Europa si sono realizzate quelle politiche neoliberiste che hanno origine in un pensiero di società dove a prevalere è il più forte sul più debole, una sorta di darwinismo sociale. L’antitesi del sogno anelato dal Manifesto di Ventotene, il noto testo redatto da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi agli inizi degli anni’40 dal regime di confino in cui si trovavano. Inizialmente il titolo era Per un’Europa libera e unita. Progetto d’un manifesto.
Ma oggi l’Europa è libera e unita? Come evitare che un sogno si trasformi in incubo? Forse, con una nuova politica partecipata non più succube dei dogmi imposti dall’economia. Una politica che non aneli di far diventare lo squalo vegetariano, ma che ci indichi la via per raggiungere acque più sicure.