No, Marine Le Pen non è riuscita, come prevedevano certi sondaggi, a far diventare il Fronte Nazionale il primo partito di Francia con il 30% delle preferenze al primo turno delle elezioni dipartimentali del 22 marzo. Non è nemmeno riuscita a battere Nicolas Sarkozy e l’UMP imponendosi come unica vera alternativa a destra. È riuscita, però, a far ottenere al suo partito il miglior risultato elettorale di sempre a livello locale e nazionale, superando il Partito Socialista. È riuscita anche ad aumentare di molto il numero di consiglieri provinciali e rappresentanti locali, rinforzando la propria posizione nei territori amministrati da politici frontisti.
“Bisogna considerare l’evoluzione del partito sul lungo periodo e in funzione dell’elezione presidenziale del 2017”, spiega a IlFattoQuotidiano.it Madani Cheurfa, ricercatore e segretario generale del Centro di ricerche dell’Istituto di Scienze Politiche di Parigi. “La dinamica di insediamento locale del Fronte Nazionale è iniziata con le elezioni municipali del 2014, quando 11 città con più di mille abitanti hanno eletto un sindaco frontista. È proseguita con le elezioni europee, quando il Fronte Nazionale è diventato primo partito in termini di voti, ed è continuata con l’elezione dei senatori, attraverso uno scrutinio indiretto che emana dalle rappresentanze locali e che mostra quindi la capacità del partito di presentare e fare eleggere dei senatori. Questa dinamica si conferma oggi a livello dipartimentale.”
Osservando la partecipazione al voto di domenica 22 marzo, il politologo sottolinea: “I francesi che hanno eletto un sindaco frontista l’anno scorso hanno in generale confermato la loro scelta. Vuol dire che il Fronte Nazionale riesce oggi, a differenza di qualche anno fa quando la pressione sociale rendeva difficile anche solo il dichiararsi frontista, a presentare e far eleggere dei candidati a livello locale. È addirittura il partito che ha presentato più candidati a quest’elezione”. La formazione di estrema destra era presente nel 93% dei collegi elettorali, conta già otto consiglieri eletti (contro due uscenti) e rimane in lizza in più della metà dei ballottaggi, previsti domenica 29 marzo.
“La novità – continua Cheurfa – è l’inedito numero di triangolari e duelli con il Fronte Nazionale che avranno luogo al secondo turno”. Una situazione che è di per sé sinonimo di un’evoluzione notevole del partito di Marine Le Pen, che punta ad una “normalizzazione” della sua formazione politica. Fin’ora, i partiti di destra e sinistra che si autodefinivano “repubblicani”, hanno cercato di tenere il Fronte Nazionale fuori dai giochi accusandolo di farsi portatore di valori non-repubblicani e di un discorso intollerante e xenofobo, oltre che di una tendenza nazionalista basata sull’odio dell’altro.
“Il problema è che appellarsi all’unione repubblicana per battere il Fronte Nazionale nelle urne è una tecnica che funziona se condivisa da entrambi gli schieramenti politici classici – ricorda il politologo – oggi questo principio di reciprocità non è più valido, visto che Nicolas Sarkozy ha scelto di non dare indicazioni di voto. Scelta tra l’altro non condivisa all’interno del suo stesso partito”. Di fatto, oggi il Fronte Nazionale riesce a beneficiare del sistema politico repubblicano, accedendo per la prima volta senza problemi al secondo turno, anche se per moltissimo tempo la modalità dello scrutinio glielo aveva impedito.
“In Francia abbiamo un sistema bipartito ma oggi la scena politica si tripolarizza. Visto che il secondo turno prevede solitamente il confronto tra due partiti, resta da capire quale dei tre poli tra il fronte nazionale, la destra e la sinistra istituzionali sarà penalizzato. Uno di questi tre poli – conclude Cheurfa – sarà molto probabilmente assente dall’elezione presidenziale del 2017”.