“Il nostro disco d’esordio? È stato un momento unico e irripetibile. Una storia di comunione totale, di stili di vita, di interessi, di momentum, di strane coincidenze per cui ogni cosa accade come se fosse già scritta o programmata, ma in maniera del tutto spontanea e involontaria”. A poco più di 12 anni di distanza, la differenza principale tra i Marta sui Tubi di oggi, che ripropongono dal vivo il loro primo disco, Muscoli e Dei e quelli di ieri – racconta Giovanni Gulino, voce della band siciliana d’origine ma bolognese d’adozione – è che quelli di oggi sono un mezzo d’artiglieria pesante, moderno e preciso, mentre “all’epoca, eravamo arco e freccia. Il primo album lo facemmo con poco, col minimo indispensabile, oggi invece siamo in cinque, abbiamo due polistrumentisti, la possibilità di scegliere tanti suoni, tante soluzioni. E anche noi ci sentiamo migliorati, dal punto di vista vocale e chitarristico”.
Corre l’anno 2002, a Bologna due giovani siciliani, Giovanni Gulino e Carmelo Pipitone, si incontrano quasi per caso, “perché io lavoravo per una compagnia di assicurazioni, mentre lui in una fabbrica”. Condividono lo stesso appartamento “per risparmiare, in fondo, ci conoscevamo già, perché proveniamo dallo stesso paese”, però “eravamo lì non per fare musica, ma per guadagnarci da vivere”. Ma quando sotto lo stesso tetto si ritrovano a vivere insieme un chitarrista e un cantante, è alto il rischio che la musica prenda il sopravvento. “Abbiamo iniziato dapprima a strimpellare, con i vicini che ci rompevano le palle e più lo facevano più alzavamo il volume. I soldi non erano tantissimi e così, invece di uscire, invitavamo gli amici in casa nostra. Loro ci portavano da bere, in cambio noi offrivamo dei concertini casalinghi, eseguendo le nostre prime canzoni o le cover che ci richiedevano. Ci divertivamo così. Successivamente abbiamo iniziato a uscire fuori di casa: vivevamo in via del Pratello, una zona molto viva soprattutto nelle ore notturne, molto bohémien, piena di localini, baretti… ce li giravamo tutti con le nostre chitarrine, senza prendere una lira, ricevendo in cambio qualche drink. Questo ci permetteva di divertirci innanzitutto, di bere gratis e di rimorchiare ragazze. Non pensavamo, allora, che un giorno avremmo fatto i musicisti di professione”.
“Ciò che ha cambiato tutto sono state le prime canzoni che sono venute fuori, anche queste in maniera spontanea. Testi scritti a quattro mani sul tavolo della cucina dove mangiavamo, a volte con l’ausilio di pentole e di altri strumenti musicali improvvisati”. Dopo averli registrati alla bene e meglio, i brani li spediscono a quello che sarebbe diventato il loro produttore, Fabio Magistrali per avere un parere: “Gli piacquero tantissimo e infatti da quel momento, dalla cucina siamo entrati direttamente in un vero e proprio studio di registrazione. All’inizio volevamo fare una cosa molto minimal à la Nick Drake’, chitarra e voce. Poi ci siamo sbizzarriti, perché in quello studio c’era veramente di tutto. Anzi, a dir la verità non era neanche uno studio, era la casa del nostro produttore”…
Nella vostra carriera che peso hanno avuto la fortuna e il caso?
Non mi sento particolarmente fortunato, probabilmente se non facessi il musicista svolgerei probabilmente un lavoro molto più remunerativo (ride). Non sono diventato ricco, però mi si è arricchita la qualità della mia vita, sicuramente. Il nostro hobby è il nostro lavoro e non è poco, per molti, il segreto della felicità di una persona è proprio questo. In effetti in questo abbiamo avuto proprio una bella botta di culo, anche se credo che ce lo siamo meritati. Dopo 12 anni, con migliaia di concerti alle spalle, fatti dappertutto, toccando ogni estremità della penisola, siamo veramente soddisfatti, siamo contenti perché facciamo ciò che sognavamo di fare da ragazzini.
C’è stato un momento in cui vi siete accorti che la vostra popolarità stava crescendo?
Esclusa l’esperienza di Sanremo, dove in quelle settimane anche la signora che incontravamo al supermercato sapeva chi fossimo, abbiamo sempre avuto una crescita lenta ma inesorabile, album dopo album, che ci siamo spesso autoprodotti da noi, senza l’aiuto di una casa discografica importante. Siamo riusciti a crearci una credibilità. Abbiamo vissuto il passaggio dall’analogico al digitale in termini di comunicazione, nel 2002 c’era già Internet ma non c’erano i social e spesso si comunicava con i fax. Con l’avvento dei social ci siamo stupiti di quanta gente ci conoscesse già e di quanta voglia avesse di comunicare e mettersi in contatto con noi. Questo ci ha fatto sentire importanti. Ma bisogna sapere che prima o poi, tutto può svanire come per incanto.
I rapporti tra voi Marta sono cambiati in seguito al successo?
Direi di no, non è cambiato granché, siamo sempre molto affiatati, anche se siamo persone diverse, agli antipodi negli stili di vita, nel modo di fare, nei nostri gusti e interessi. La cosa fondamentale è che non siamo stati assemblati da qualcuno, ma ci siamo scelti. Abbiamo iniziato in due e non saremmo neanche partiti in quest’avventura se non ci fossimo trovati bene dal punto di vista umano. E anche chi entrato in seguito nella band è stato scelto in base alle proprie qualità umane, oltreché artistiche. Al di là degli scazzi che possono esserci come in ogni band, il rapporto è sempre buono, c’è una soglia di tolleranza che avresti con un fratello, alla fine anche se ti mandi a fare in culo, quella persona è sempre nel tuo cuore. È facile ricompattarsi quando c’è un segnale di disgregamento.
Quanto tempo passate in sala prove?
Molto tempo quando siamo in fase di lavorazione di un disco. Anche giorni interi. Molto meno quando siamo in tournée, nel senso che ci basta studiare il pezzo a casa, due prove in saletta e siamo a posto. Le canzoni suonate centinaia di volte è facile riprenderle. Stiamo più tempo a fumare a dire stronzate che a suonare, però anche quello fa squadra.
Come nascono le vostre canzoni?
Non abbiamo mai avuto un metodo compositivo, però scriviamo tanto, e dalla quantità spesso viene fuori la qualità. Può capitare che uno di noi porti un pezzo semilavorato a casa con qualche idea di testo o arrangiamento, o può capitare da un giro di chitarra che non ha un testo, o che siamo tutti in saletta e facciamo delle lunghe jam e andandocele a risentire sentiamo che c’è una cosa figa da sviluppare, la riprendiamo e cerchiamo di espanderla. Può anche capitare un giro di batteria uscito fuori così, per riscaldarsi, che qualcuno inizia ad andare dietro, io inizio a cantare e può nascere una canzone.
Che qualità bisogna avere per emergere nel mondo della musica?
La gavetta è la parte più divertente nella carriera di un artista, è fondamentale godersela, prendersi dei rischi, uscire dagli schemi. In pochi lo fanno, ci sono artisti che sembra facciano una recita sul palco, invece bisogna essere se stessi, interagire con il pubblico, come lo fai fa la differenza. Divertirsi e far divertire sapendo lasciarsi andare. Certo bisogna anche saper scrivere belle canzoni.
Queste le prossime date del Tour MUSCOLI E DEI:
26 marzo – Rosà (VI) – Vinile
28 marzo – Bologna – Covo
29 marzo – Asti – Palco19
31 marzo – Roma – Black Out