Dichiararsi insolventi, chiudere l’attività per poi riaprirla a distanza di pochi mesi con un’altra ragione sociale, tutto per sottrarsi al pagamento dei risarcimenti stabiliti dal tribunale. Un espediente da sempre stigmatizzato dai sindacati, sempre schierati dalla parte delle vittime. O quasi sempre, perché l’atteggiamento cambia radicalmente quando lo schema viene utilizzato dal primo sindacato italiano, la Cgil, o almeno una sua propaggine all’estero: il patronato Inca-Cgil di Zurigo, dove l’ex direttore, Antonio Giacchetta, fino al 2009 s’è inghiottito le pensioni di decine di anziani, approfittando della loro fiducia nei confronti della sigla del sindacato. Anche su questa vicenda verrà sentito il segretario confederale Susanna Camusso, convocata dalla commissione al Senato per gli Italiani all’estero nell’ambito di un’indagine conoscitiva sulla riforma dei Patronati italiani che operano fuori dal territorio nazionale per le comunità di residenti all’estero.
Ecco come funzionano. All’Istituto nazionale confederale di assistenza (Inca) si rivolgono, sia all’Italia che all’estero, i lavoratori che devono svolgere ogni tipo di adempimento burocratico, dal pagamento delle tasse alle indennità di malattia fino alla riscossione della pensione. Se smettono di funzionare però, di colpo emerge la fragilità del sistema di pagamento delle casse pensioni e la sua esposizione ai profittatori di turno. Quando un ex lavoratore si presentava all’Inca di Zurigo per ottenere la propria, Giacchetta riusciva a farsi versare dalle casse previdenziali sul proprio conto corrente tutti i contributi del lavoratore. Bastava falsificare i timbri del Consolato italiano. I truffati rimanevano all’oscuro del raggiro per anni, perché il sindacalista continuava a erogare dal proprio conto una prestazione mensile. Fino a che, nel 2009, i pagamenti cessano. Solo allora la truffa viene scoperta e Giacchetta viene licenziato. Ancora oggi non è chiaro quale sia stata l’entità del raggiro: il Comitato difesa delle Famiglie rappresenta 27 truffati per un totale di quasi cinque milioni di franchi ma, secondo il presidente Marco Tommasini, in totale le vittime sarebbero 480, per un totale di 37 milioni.
Che non sono mai tornati perché la storia è tutta da scrivere. Ai primi processi in sede civile, Inca-Cgil si costituisce come parte lesa. Un modo per prendere le distanze dal funzionario infedele, ma anche per evitare di essere chiamata a risarcire i pensionati. Parliamo di cifre importanti, dai 100 ai 370 mila franchi ciascuno. Con una serie di sentenze definitive però la giustizia elvetica condanna il sindacato a pagare oltre un milione alle prime otto vittime. Il 26 ottobre del 2013 arriva la doccia fredda per i raggirati: con un comunicato, l’Associazione Inca Svizzera rende noto che “non sarà più in grado di operare” a causa delle “sentenze sfavorevoli all’Associazione stessa in merito ad alcune richieste di risarcimento da parte di pensionati truffati da Antonio Giacchetta. Sono sentenze – conclude la nota – che rispettiamo come sempre, ma che sinceramente non condividiamo né comprendiamo”. L’ordine di risarcimento non arriva alla sede italiana del patronato, che per operare a Zurigo aveva costituito una società di diritto svizzero. I pensionati, rimasti tutti senza pensione, sono costretti ad arrangiarsi: c’è chi vende casa, chi si fa mantenere dai figli, chi torna dai parenti in Italia. E, per ottenere giustizia, sporgono una nuova denuncia alla Procura di Roma: un processo tutto da rifare che ripartirà dal primo grado, coi tempi biblici della giustizia italiana.
La vera beffa arriva nell’autunno del 2014 quando, dopo nemmeno un anno di inattività, Inca-Cgil riapre le sedi elvetiche. Sul sito del patronato sono indicati cinque uffici: Basilea, Berna, Bellinzona, Ginevra, Neuchatel. Chiamando una di questi, è facile ottenere anche il numero di telefono dell’ufficio di Zurigo, quello di Giacchetta. Anche questo è stato riaperto, cercando però di fare poco rumore. Per tornare a operare, al patronato Cgil è stato sufficiente costituire una nuova società: “Patronati insieme”. Il processo penale svizzero non è ancora entrato in fase dibattimentale che Giacchetta è già a piede libero e ha pure trovato un nuovo lavoro. Mentre i pensionati truffati ancora aspettano di capire chi gli restituirà le loro pensioni e la presidente di Inca Morena Piccinini preferisce non rispondere. La parola, oggi, al segretario Camusso. I pensionati, forti delle sentenze della giustizia civile elvetica, ritengono che la Cgil dovrebbe rispondere per l’operato del suo dipendente infedele. E la domanda a questo punto è: può la Cgil che aveva chiuso i battenti per non pagare i risarcimenti riaprire ora come nulla fosse? La parola, alla Camusso.
Lavoro & Precari
Patronati, audizione Camusso su truffa Inca svizzero. Che riapre (con altro nome)
Nel 2009 a Zurigo esplode il caso della truffa da 37 milioni di euro. Il direttore del patronato Inca-Cgil si faceva trasferire sul conto corrente i risparmi dei pensionati italiani. La giustizia civile svizzera condanna il sindacato italiano a risarcire le vittime ma la Cgil chiude gli uffici per "fallimento" ed evita gli indennizzi. Per poi riaprirli, con altro nome
Dichiararsi insolventi, chiudere l’attività per poi riaprirla a distanza di pochi mesi con un’altra ragione sociale, tutto per sottrarsi al pagamento dei risarcimenti stabiliti dal tribunale. Un espediente da sempre stigmatizzato dai sindacati, sempre schierati dalla parte delle vittime. O quasi sempre, perché l’atteggiamento cambia radicalmente quando lo schema viene utilizzato dal primo sindacato italiano, la Cgil, o almeno una sua propaggine all’estero: il patronato Inca-Cgil di Zurigo, dove l’ex direttore, Antonio Giacchetta, fino al 2009 s’è inghiottito le pensioni di decine di anziani, approfittando della loro fiducia nei confronti della sigla del sindacato. Anche su questa vicenda verrà sentito il segretario confederale Susanna Camusso, convocata dalla commissione al Senato per gli Italiani all’estero nell’ambito di un’indagine conoscitiva sulla riforma dei Patronati italiani che operano fuori dal territorio nazionale per le comunità di residenti all’estero.
Ecco come funzionano. All’Istituto nazionale confederale di assistenza (Inca) si rivolgono, sia all’Italia che all’estero, i lavoratori che devono svolgere ogni tipo di adempimento burocratico, dal pagamento delle tasse alle indennità di malattia fino alla riscossione della pensione. Se smettono di funzionare però, di colpo emerge la fragilità del sistema di pagamento delle casse pensioni e la sua esposizione ai profittatori di turno. Quando un ex lavoratore si presentava all’Inca di Zurigo per ottenere la propria, Giacchetta riusciva a farsi versare dalle casse previdenziali sul proprio conto corrente tutti i contributi del lavoratore. Bastava falsificare i timbri del Consolato italiano. I truffati rimanevano all’oscuro del raggiro per anni, perché il sindacalista continuava a erogare dal proprio conto una prestazione mensile. Fino a che, nel 2009, i pagamenti cessano. Solo allora la truffa viene scoperta e Giacchetta viene licenziato. Ancora oggi non è chiaro quale sia stata l’entità del raggiro: il Comitato difesa delle Famiglie rappresenta 27 truffati per un totale di quasi cinque milioni di franchi ma, secondo il presidente Marco Tommasini, in totale le vittime sarebbero 480, per un totale di 37 milioni.
Che non sono mai tornati perché la storia è tutta da scrivere. Ai primi processi in sede civile, Inca-Cgil si costituisce come parte lesa. Un modo per prendere le distanze dal funzionario infedele, ma anche per evitare di essere chiamata a risarcire i pensionati. Parliamo di cifre importanti, dai 100 ai 370 mila franchi ciascuno. Con una serie di sentenze definitive però la giustizia elvetica condanna il sindacato a pagare oltre un milione alle prime otto vittime. Il 26 ottobre del 2013 arriva la doccia fredda per i raggirati: con un comunicato, l’Associazione Inca Svizzera rende noto che “non sarà più in grado di operare” a causa delle “sentenze sfavorevoli all’Associazione stessa in merito ad alcune richieste di risarcimento da parte di pensionati truffati da Antonio Giacchetta. Sono sentenze – conclude la nota – che rispettiamo come sempre, ma che sinceramente non condividiamo né comprendiamo”. L’ordine di risarcimento non arriva alla sede italiana del patronato, che per operare a Zurigo aveva costituito una società di diritto svizzero. I pensionati, rimasti tutti senza pensione, sono costretti ad arrangiarsi: c’è chi vende casa, chi si fa mantenere dai figli, chi torna dai parenti in Italia. E, per ottenere giustizia, sporgono una nuova denuncia alla Procura di Roma: un processo tutto da rifare che ripartirà dal primo grado, coi tempi biblici della giustizia italiana.
La vera beffa arriva nell’autunno del 2014 quando, dopo nemmeno un anno di inattività, Inca-Cgil riapre le sedi elvetiche. Sul sito del patronato sono indicati cinque uffici: Basilea, Berna, Bellinzona, Ginevra, Neuchatel. Chiamando una di questi, è facile ottenere anche il numero di telefono dell’ufficio di Zurigo, quello di Giacchetta. Anche questo è stato riaperto, cercando però di fare poco rumore. Per tornare a operare, al patronato Cgil è stato sufficiente costituire una nuova società: “Patronati insieme”. Il processo penale svizzero non è ancora entrato in fase dibattimentale che Giacchetta è già a piede libero e ha pure trovato un nuovo lavoro. Mentre i pensionati truffati ancora aspettano di capire chi gli restituirà le loro pensioni e la presidente di Inca Morena Piccinini preferisce non rispondere. La parola, oggi, al segretario Camusso. I pensionati, forti delle sentenze della giustizia civile elvetica, ritengono che la Cgil dovrebbe rispondere per l’operato del suo dipendente infedele. E la domanda a questo punto è: può la Cgil che aveva chiuso i battenti per non pagare i risarcimenti riaprire ora come nulla fosse? La parola, alla Camusso.
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Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Findus, azienda attiva nel settore dei surgelati e parte del Gruppo Nomad Foods, annuncia il raggiungimento di un traguardo storico: il 100% dei suoi prodotti ittici proviene da pesca sostenibile certificata Msc (Marine Stewardship Council) e acquacoltura responsabile certificata Asc (Aquaculture Stewardship Council). Questo obiettivo, annunciato nel marzo del 2017, segna non solo il compimento di un percorso, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo, consolidando il ruolo di Findus come leader del mercato del surgelato ittico, con circa 20mila tonnellate di prodotto, che equivale al 20% del comparto, per un valore totale di 290 milioni di euro.
“Siamo estremamente soddisfatti di questo importante risultato, frutto di un notevole impegno organizzativo ed economico. L’approvvigionamento di volumi importanti, come quelli sviluppati da Findus, l’ampiezza e la varietà del nostro portafoglio di prodotti ittici, che vanta oltre 20 diverse specie, ha richiesto un impegno significativo volto a coinvolgere, informare ed ingaggiare tutta la filiera, dai gruppi di pescatori alla lavorazione del pesce, dal confezionamento fino all’arrivo dei prodotti negli scaffali della Gdo. La salvaguardia della biodiversità marina è uno standard da perseguire collettivamente per tutelare i nostri mari e garantire una fonte di nutrimento sostenibile per le future generazioni - ha dichiarato Renato Roca, Country Manager di Findus Italia - Come leader di mercato, siamo consapevoli della nostra responsabilità e siamo orgogliosi di aver ispirato l’intero settore, raggiungendo l’obiettivo fissato nel 2017 e promuovendo costantemente un modello di sostenibilità condivisa. Questo non è un punto d’arrivo, ma una tappa che ci spinge a proseguire nel nostro impegno. Produrre cibo impattando meno sull’ambiente e tutelando le risorse naturali è la nostra sfida: ci impegniamo per un progresso costante e responsabile, affinché la sostenibilità diventi sempre più un valore condiviso da tutto il settore e dai consumatori”.
Un comparto, quello dell’ittico surgelato, che ha avuto un buon andamento: secondo Iias nel 2024 sono state consumate 95.955 tonnellate di pesce surgelato, con una crescita del 3,9% rispetto al 2023. Findus è la prima azienda leader di settore 100% certificata Msc e Asc. A dimostrazione dell’impatto concreto della scelta di Findus sul mercato di riferimento - fa notare l'azienda - il volume totale dei prodotti ittici certificati Msc in Italia è più che triplicato da quando l’azienda ha ottenuto la certificazione Msc, registrando una crescita del 170% tra il 2017/2018 e il 2023/2024. Se si considera in particolare la categoria dei surgelati, l’influenza sul mercato della certificazione di Findus è stata altrettanto rilevante: in questo segmento, il volume di prodotti ittici certificati Msc è più che raddoppiato, con una crescita del 92% nello stesso periodo.
A partire dalla prossima settimana, tutti i prodotti delle gamme Findus - oltre 60 referenze - porteranno quindi il marchio blu di pesca sostenibile Msc e quello verde di acquacoltura responsabile Asc.
La pesca sostenibile e certificata Msc deve soddisfare il rigoroso Standard di Marine Stewardship Council, la più importante organizzazione al mondo in tema di pesca sostenibile, che si fonda su tre princìpi: la pesca deve lasciare in mare abbastanza pesci per permettere loro di riprodursi, affinché l’attività possa proseguire nel tempo; deve essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto sull’ecosistema, consentendo alla flora e alla fauna marina di prosperare; deve essere gestita in modo da potersi adattare alle mutevoli condizioni ambientali, nel rispetto delle leggi vigenti.
Per quanto riguarda invece il marchio verde Asc, esso garantisce al consumatore che il prodotto ittico provenga da un allevamento certificato secondo lo Standard di Aquaculture Stewardship Council (Asc), un'organizzazione internazionale indipendente senza scopo di lucro che stabilisce requisiti rigorosi per l'acquacoltura responsabile, spronando i produttori ittici a minimizzarne l'impatto ambientale e sociale. I requisiti ambientali prevedono che l’allevamento minimizzi il suo impatto sugli ecosistemi locali, che tutti i mangimi per pesci siano completamente tracciabili e che i parametri dell'acqua, come i livelli di fosforo e ossigeno, siano misurati regolarmente per rimanere entro i limiti stabiliti. I requisiti sociali comprendono invece la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto delle comunità locali. Infine, i requisiti di benessere animale, assicurano che gli animali siano trattati con il massimo rispetto lungo tutto il loro ciclo di vita.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Findus, azienda attiva nel settore dei surgelati e parte del Gruppo Nomad Foods, annuncia il raggiungimento di un traguardo storico: il 100% dei suoi prodotti ittici proviene da pesca sostenibile certificata Msc (Marine Stewardship Council) e acquacoltura responsabile certificata Asc (Aquaculture Stewardship Council). Questo obiettivo, annunciato nel marzo del 2017, segna non solo il compimento di un percorso, ma anche l’inizio di un nuovo capitolo, consolidando il ruolo di Findus come leader del mercato del surgelato ittico, con circa 20mila tonnellate di prodotto, che equivale al 20% del comparto, per un valore totale di 290 milioni di euro.
“Siamo estremamente soddisfatti di questo importante risultato, frutto di un notevole impegno organizzativo ed economico. L’approvvigionamento di volumi importanti, come quelli sviluppati da Findus, l’ampiezza e la varietà del nostro portafoglio di prodotti ittici, che vanta oltre 20 diverse specie, ha richiesto un impegno significativo volto a coinvolgere, informare ed ingaggiare tutta la filiera, dai gruppi di pescatori alla lavorazione del pesce, dal confezionamento fino all’arrivo dei prodotti negli scaffali della Gdo. La salvaguardia della biodiversità marina è uno standard da perseguire collettivamente per tutelare i nostri mari e garantire una fonte di nutrimento sostenibile per le future generazioni - ha dichiarato Renato Roca, Country Manager di Findus Italia - Come leader di mercato, siamo consapevoli della nostra responsabilità e siamo orgogliosi di aver ispirato l’intero settore, raggiungendo l’obiettivo fissato nel 2017 e promuovendo costantemente un modello di sostenibilità condivisa. Questo non è un punto d’arrivo, ma una tappa che ci spinge a proseguire nel nostro impegno. Produrre cibo impattando meno sull’ambiente e tutelando le risorse naturali è la nostra sfida: ci impegniamo per un progresso costante e responsabile, affinché la sostenibilità diventi sempre più un valore condiviso da tutto il settore e dai consumatori”.
Un comparto, quello dell’ittico surgelato, che ha avuto un buon andamento: secondo Iias nel 2024 sono state consumate 95.955 tonnellate di pesce surgelato, con una crescita del 3,9% rispetto al 2023. Findus è la prima azienda leader di settore 100% certificata Msc e Asc. A dimostrazione dell’impatto concreto della scelta di Findus sul mercato di riferimento - fa notare l'azienda - il volume totale dei prodotti ittici certificati Msc in Italia è più che triplicato da quando l’azienda ha ottenuto la certificazione Msc, registrando una crescita del 170% tra il 2017/2018 e il 2023/2024. Se si considera in particolare la categoria dei surgelati, l’influenza sul mercato della certificazione di Findus è stata altrettanto rilevante: in questo segmento, il volume di prodotti ittici certificati Msc è più che raddoppiato, con una crescita del 92% nello stesso periodo.
A partire dalla prossima settimana, tutti i prodotti delle gamme Findus - oltre 60 referenze - porteranno quindi il marchio blu di pesca sostenibile Msc e quello verde di acquacoltura responsabile Asc.
La pesca sostenibile e certificata Msc deve soddisfare il rigoroso Standard di Marine Stewardship Council, la più importante organizzazione al mondo in tema di pesca sostenibile, che si fonda su tre princìpi: la pesca deve lasciare in mare abbastanza pesci per permettere loro di riprodursi, affinché l’attività possa proseguire nel tempo; deve essere effettuata in modo da minimizzare il suo impatto sull’ecosistema, consentendo alla flora e alla fauna marina di prosperare; deve essere gestita in modo da potersi adattare alle mutevoli condizioni ambientali, nel rispetto delle leggi vigenti.
Per quanto riguarda invece il marchio verde Asc, esso garantisce al consumatore che il prodotto ittico provenga da un allevamento certificato secondo lo Standard di Aquaculture Stewardship Council (Asc), un'organizzazione internazionale indipendente senza scopo di lucro che stabilisce requisiti rigorosi per l'acquacoltura responsabile, spronando i produttori ittici a minimizzarne l'impatto ambientale e sociale. I requisiti ambientali prevedono che l’allevamento minimizzi il suo impatto sugli ecosistemi locali, che tutti i mangimi per pesci siano completamente tracciabili e che i parametri dell'acqua, come i livelli di fosforo e ossigeno, siano misurati regolarmente per rimanere entro i limiti stabiliti. I requisiti sociali comprendono invece la tutela dei diritti dei lavoratori e il rispetto delle comunità locali. Infine, i requisiti di benessere animale, assicurano che gli animali siano trattati con il massimo rispetto lungo tutto il loro ciclo di vita.
Reggio Emilia, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Dai 2,2 miliardi di metri cubi che vengono consumati oggi a livello mondiale si arriverà ad un consumo di 3,2 miliardi di metri cubi e in questo giocherà una chiave sempre più importante il riciclo, quindi dobbiamo essere bravi a cercare di sostituire ove possibile materiale di legno vergine con materiale riciclato". A dirlo Massimiliano Bedogna, presidente di Conlegno, che ha aperto i lavori degli stati generali delle aziende attive nella riparazione, riutilizzo e gestione dei pallet a Gattatico di Reggio Emilia.
"Nel cospetto europeo siamo tra i sistemi più più evoluti, abbiamo un consorzio come Rilegno che ha una raccolta capillare molto importante del fine vita dell'imballaggio in legno e abbiamo anche delle industrie che trasformano per quanto riguarda l'imballaggio il fine vita del legno da imballaggio in prodotti riciclati, quindi io direi che la strada è tracciata; ovviamente non è sufficiente però dobbiamo spingere affinché si trovi sempre di più un compromesso tra l'economia e la sostenibilità affinché entrambe possano giocare un ruolo determinante per il futuro del nostro paese", ha concluso Bedogna
Reggio Emilia, 13 mar. (Adnkronos/Labitalia) - "Dai 2,2 miliardi di metri cubi che vengono consumati oggi a livello mondiale si arriverà ad un consumo di 3,2 miliardi di metri cubi e in questo giocherà una chiave sempre più importante il riciclo, quindi dobbiamo essere bravi a cercare di sostituire ove possibile materiale di legno vergine con materiale riciclato". A dirlo Massimiliano Bedogna, presidente di Conlegno, che ha aperto i lavori degli stati generali delle aziende attive nella riparazione, riutilizzo e gestione dei pallet a Gattatico di Reggio Emilia.
"Nel cospetto europeo siamo tra i sistemi più più evoluti, abbiamo un consorzio come Rilegno che ha una raccolta capillare molto importante del fine vita dell'imballaggio in legno e abbiamo anche delle industrie che trasformano per quanto riguarda l'imballaggio il fine vita del legno da imballaggio in prodotti riciclati, quindi io direi che la strada è tracciata; ovviamente non è sufficiente però dobbiamo spingere affinché si trovi sempre di più un compromesso tra l'economia e la sostenibilità affinché entrambe possano giocare un ruolo determinante per il futuro del nostro paese", ha concluso Bedogna
Gaza, 13 mar. (Adnkronos/Afp) - "Il rapporto delle Nazioni Unite sugli atti di genocidio contro il popolo palestinese conferma ciò che è accaduto sul terreno: un genocidio e la violazione di tutti i principi umanitari e legali". Lo ha detto all'Afp il portavoce del movimento islamico, Hazem Qassem.
Roma, 13 mar. - (Adnkronos) - Il Premio Film Impresa è pronto a tornare per il terzo anno consecutivo. La conferenza stampa di presentazione avrà luogo il 17 marzo, alle 11, alla Casa del Cinema di Roma a Villa Borghese. Il Premio - la cui terza edizione si terrà il 9, 10 e 11 aprile sempre alla Casa del Cinema - è un’iniziativa ideata e realizzata da Unindustria con il supporto di Confindustria. Divenuto ormai un vero hub culturale e luogo d’incontro di riferimento, il Premio ha l’obiettivo di valorizzare, esaltare e comunicare i valori dell’impresa e delle persone che vi lavorano. Creatività, visione, coraggio, tradizione, appartenenza al territorio, innovazione e sostenibilità sono i protagonisti dei prodotti audiovisivi, dei cortometraggi e dei mediometraggi candidati che saranno selezionati da una giuria presieduta quest’anno da Caterina Caselli.
Alla conferenza stampa di lancio, che annuncerà i nomi di tutti i componenti della giuria e anche il dettaglio del programma degli eventi del Pfi, prenderanno parte il presidente del Premio Film Impresa Giampaolo Letta, il presidente di Unindustria Giuseppe Biazzo, il direttore artistico del Premio Mario Sesti e la presidente di Giuria Caterina Caselli.
Parteciperanno inoltre i rappresentanti delle aziende partner, e interverrà anche Lorenza Lei, responsabile Cinema e Audiovisivo della Regione Lazio. La terza edizione del Premio Film Impresa si avvale del patrocinio di Regione Lazio, Roma Capitale e Rai Teche, e della collaborazione di Confindustria, Anica, Una e Fondazione Cinema per Roma. L'iniziativa è realizzata in partnership con Almaviva, Edison Next, Umana e UniCredit, e con il supporto tecnico di Spencer & Lewis, D-Hub Studios, Ega e Tecnoconference Europe. Media partner dell'evento sono Il Messaggero, Prima Comunicazione e Adnkronos.
Tel Aviv, 13 mar. (Adnkronos) - L'esercito israeliano afferma di aver colpito un "centro di comando appartenente alla Jihad islamica palestinese" a Damasco. L'attacco dimostra che Israele "non permetterà che la Siria diventi una minaccia per lo Stato di Israele", ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Israel Katz, aggiungendo che nella lotta "al terrorismo islamico contro Israele, non sarà dispensato né Damasco né altri".