Questo non è un Paese per Podemos, ma per vecchi. Purtroppo si deve prenderne atto. Così come onestà intellettuale esige si prenda atto che l’unica opposizione democratica in campo è Cinquestelle. Soggetto verso il quale chi scrive non ha mai celato di nutrire numerose e motivate riserve. Eppure…
Ma facciamo un passo indietro: con le elezioni regionali alle porte, tanto in Toscana come in Liguria nei mesi scorsi ci si era provati a far nascere formazioni embrionali sul format di Altrapolitica AntiCasta che sta affermandosi in Spagna (una sinistra post-sinistra liberata da tutte le zavorre del passato che propugni forme di democrazia radicale; mobilitando energie sociali con il mix di nuove tecnologie comunicative e le antiche risorse del relazionale radicato nei territori).
Il vecchio che persiste ha ghermito il (timido) nuovo che spuntava. Sicché “Buongiorno Toscana” ha chiuso rapidamente i battenti; il tentativo di lista guidata da un capo guerriero dell’ambientalismo genovese è stato subito sgarrettato. Agli amici livornesi anti-establishment raccontare la loro vicenda. Qui si narra quella ligure, altamente istruttiva delle miserie che impediscono l’emergere di un’idea più generosa e limpida – dunque coraggiosa – di politica.
Difatti, nello schieramento sedicente di centrosinistra, l’opposizione al regime incarnato da Raffaella Paita, la favorita del “Governatore Gerundio”, si è tradotta in un residuato di Prima Repubblica (l’ex sindaco comunista di Spezia Giorgio Pagano), in concorrenza (ma forse in scambio negoziale) con un rampante della Terza (il sindaco di Bogliasco e deputato civatiano Luca Pastorino).
Puro grottesco: un trio di contendenti il cui itinerario politico si sviluppa interamente nel perimetro del sistema partitocratico locale, sovrinteso dal leader uscente Claudio Burlando. Un bel risultato, che discende anche dal giro di valzer di iniziali propugnatori dell’ipotesi Podemos, i quali hanno accreditato l’idea da anno Mille che la scadenza elettorale fosse una crociata contro l’infedele Paita e che chi avesse ricevuto benedizioni ecclesiali, indossando la pettorina con la croce, sarebbe stato mondato da ogni precedente pregresso. Magari quello di essere sempre stato organico al sistema che produce le Paita (antiche e apprezzate compagne di partito).
L’errore potrebbe nascere da una falsa visione prospettica: pensare che la partita si giochi sull’elettorato residuo del Pd, e non sul cospicuo bacino del non-voto (che ad oggi i sondaggi stimano sul 50%). Purtroppo non solo di questo si tratta. Il pauroso intorbidamento dello scenario è dipeso da una componente che non andava trascurata: la vanità. Cioè il peccato preferito dal Demonio, che rese risibile il tentativo Ingroia, ha ridotto l’ipotesi Tsipras-Italia a un gruppo di reduci sessantottardi (e qualche star del giornalismo desiderosa di una pausa a Strasburgo), che ora spinge a cercare il facile applauso con la sponsorship dell’usato sicuro notabilistico (Pagano) o l’ecumenismo da anime belle delle posizioni unitarie (dove si nascondono vicende di opportunismi e trasformismi che pure dovrebbero mettere in guardia).
Fregola di assurgere a kingmaker, ansia di ascendere al Paradiso del politicamente corretto di quelli che si sono subito accodati, oppure innamoramenti senili per il riflettore di qualche tardivo neofita.
Questo lo scenario. Sicché la scelta oppositiva non può che essere M5S, visto che l’alternativa sarebbe il leghista Edoardo Rixi (salviniano solo a parole, dunque ancora più pericoloso per ambiguità). Scommettere che i volenterosi ragazzi pentastellati maturino presto indipendenza dalla leadership Grillo&Casaleggio; che grava sulle loro teste. Che trasforma non pochi adepti in quelli che loro stessi chiamano – alla Emilio Salgari – “i Thugs”; gli adoratori della dea Kali/Staff.
La scommessa obbligata è puntare “faute de mieux”. Come credito alla speranza che lo spirito critico vinca sulla setta dei Thugs. Oltre che sulla politica politicante.
Post di Paolo Farinella – A Pellizzetti dico: facile criticare tutti- Replica