Metti un po’ di riso con legumi, verdure, pesce o carne, mischia il tutto e la paella è fatta.
Magari… ci vuole anche lo zafferano!
Stiamo parlando del piatto nazionale iberico, dalla Catalogna all’Andalusia, passando per la Comunità Valenciana e la Castiglia, al quale ogni spagnolo che si rispetti non riesce proprio a rinunciare. Almeno la domenica. Già, perché la paella è proprio il “piatto della domenica”, quello che riunisce le famiglie intorno a un tavolo, quello che fa vivere ancora le tradizioni gastronomiche del territorio, che unisce la dominazione romana e quella araba ma che rappresenta un orgoglio nazionale, quello su cui gli chef d’avanguardia non si sono ancora lanciati con iperboliche reinterpretazioni.
La storia, o la leggenda, colloca la sua nascita secoli addietro nella zona di Valencia, nota per le produzioni di riso e legumi, affacciata sul mare e, quindi, con abbondanza di pesce: qui, le famiglie di contadini e pescatori crearono un piatto “povero”, anzi poverissimo, preparato unendo il riso proprio con gli umili prodotti della terra e con quelli del mare e, spesso, con gli avanzi delle cucine dei nobili, mescolando tutto insieme in un contenitore, la “patella”, una pentola che nel tempo, poi, la lingua ha trasformato in paella (o padella in italiano), diffondendosi in quasi tutta la penisola Iberica…
La ricetta prevede, innanzitutto, di dotarsi di una paellera, un tegame circolare in ferro dai bordi bassi, in cui far rosolare una testa d’aglio e far soffriggere i peperoni a listarelle, i fagiolini, poi i ceci e i piselli, già sbollentati. Mettete tutto da parte.
Nella stessa paellera andrà saltato il pesce, i molluschi e i crostacei: cozze, calamari, scampi, gamberi, mazzancolle e un po’ di merluzzetto e pesce spada, se ne avete e se vi piace.
Nel frattempo fate bollire un brodo vegetale in cui avrete cura di sciogliere lo zafferano (di araba memoria) che donerà il colore giallo e l’inconfondibile profumo e una spolverata di paprika… mettete tutto da parte.
È arrivato il momento del riso, versatelo nell’olio caldo e cominciate a farlo rosolare, quando sarà bello dorato cominciate a sfumare bagnandolo con il brodo. Piano piano cominciate ad aggiungere le verdure, cercando di dare anche un po’ di colore al piatto per poi continuare, quasi a fine cottura, aggiungendo il pesce. Il riso non dovrà mai essere mescolato e dovrà restare croccante, quasi bruciacchiato nella parte che sta sul fondo.
Un consiglio: lasciatela riposare almeno 15 minuti, i sapori avranno modo di sposarsi tutti insieme e, prima di mangiarla, non dimenticate di spruzzare qualche goccia di limone e assicurarvi di avere al fianco il vasetto con l’alioli, una salsa a base di aglio che esalta tutti i sapori della paella.
Qualcuno leggendo si chiederà – polemicamente – “ma la carne?” “il sale e il pepe?” “e il procedimento?”.
Beh, salate e pepate quanto basta e per la carne, se proprio volete aggiungerla, usate il coniglio e il pollo, sia mescolata ai mariscos, sia in “purezza” e, per raccontare tutti i passaggi della ricetta, ci vorrebbero ancora troppi clic sulla tastiera. La preparazione sembra facile ma non è proprio così, ci vuole almeno un’ora tra tagli e cotture varie e il gusto migliora in base alla varietà e croccantezza delle verdure, alla gustosità del brodo, alla qualità dello zafferano, alla scelta del riso e del pescato e così via, fino ad arrivare alla maestria di chi la prepara e a qualche trucco ma, quelli, non si svelano mai.
Oggi, la paella è il simbolo della Spagna gastronomica che, con le tapas, si è “internazionalizzata” e affascina i turisti e i gourmet di tutto il mondo, da mangiare rigorosamente in spiaggia, in compagnia e, perché no, con un bicchiere di sangria.