Se Romanzo criminale ci aveva sorpresi e Gomorra conquistati, 1992, la nuova serie targata Sky partita ieri sera, ci lascia perplessi. Ricostruire gli eventi che in quell’anno cambiarono la storia d’Italia è impresa ambiziosissima, ma il problema non è questo. È che in 1992 c’è troppo, e tutto assieme. Un concentrato di quello che furono quegli anni, fin troppo concentrato: i corrotti, l’AIDS, la droga, la tv, tutto assieme sullo sfondo dell’inchiesta Mani Pulite e del crollo dell’Impero partitocratico. I personaggi, poi, sono così stereotipati da sembrare quasi macchiettistici: il bolognese imborghesito candidato del Pds, i leghisti ignoranti e burberi, la soubrette rigorosamente zoccola, il manager di Publitalia con l’ex moglie hippy che vive a Bologna e mangia bio. I dialoghi a volte sono surreali e un po’ ridicoli, e gli attori bisbigliano un po’ troppo, costringendo lo spettatore a usare un volume da rave party, non da salotto di casa.
Qualche banalità sparsa qua e là, poi, completa il lato problematico della serie: le ragazze di Non è la Rai come esempio negativo di adolescenti, per esempio, ha stufato da tempo, e in fondo sappiamo tutti che si tratta di un atteggiamento poco generoso nei confronti di un fenomeno che all’epoca aveva assunto dimensioni enormi.
La cosa migliore di 1992 forse è la colonna sonora: dai REM alla sigla di Casa Vianello, passando per Lorella Cuccarini e Non Amarmi, si traccia alla perfezione il background musicale che ha segnato quegli anni, almeno per la maggior parte della gente, per quello che definiamo “paese reale”. C’è una scena, per esempio, che è un piccolo capolavoro: Marcello Dell’Utri legge la notizia dell’omicidio di Salvo Lima mentre in sottofondo parte la sigla di Casa Vianello. Tutto un mondo racchiuso in pochi secondi. Gli attori del cast sono bravi, ma si sapeva, anche se Tea Falco, interpretando Bibi Mainaghi, non parla ma biascica, un mix insopportabile tra Asia Argento e Massimo Ferrero. Non si capisce nulla di nulla. Miriam Leone è bravissima nei panni della soubrette televisiva disposta a tutto pur di arrivare a Domenica In. Non è più una sorpresa, peraltro. Stefano Accorsi è sempre Stefano Accorsi, nel bene e nel male. Recita sempre allo stesso modo, e poco importa se si tratta dello spot di un gelato o di una serie drammatica.
Ovviamente non poteva mancare, nella narrazione di quell’anno cruciale, l’allora cavaliere Silvio Berlusconi. È un personaggio di contorno, che non si vede mai, ma è fondamentale. Un po’ come la moglie del tenente Colombo o la mamma di Howard Wolowitz in The Big Bang Theory. A un certo punto si sente la sua voce, dietro la porta di un bagno: il Cavaliere fa la pipì (ebbene sì: anche lui la fa!), e avvisa Accorsi sui rischi del fumo, soprattutto per i denti gialli. Primo piano sul tacco di rialzato (altra banalità buona per un monologo comico, non per una serie come 1992), e il gioco è fatto. Milano, snodo cruciale di quel terremoto che fu Mani Pulite, è raccontata e descritta piuttosto bene, anche se ogni tanto gli sceneggiatori hanno un po’ esagerato nel cliché (eccone un altro) della Milano da bere.
Per concludere, 1992 è una serie qualitativamente superiore rispetto agli standard italiani, ma distante anni luce dalla perfezione stilistica e narrativa di Gomorra. C’è qualcosa che non convince del tutto, probabilmente nella scrittura e nella psicologia troppo stereotipata dei personaggi. Ma vale la pena continuare a seguirla, anche solo per tentare di comprendere una singola parola pronunciata da Tea Falco. Mission impossible, ma ci proveremo.