La percezione della corruzione nelle istituzioni governative e locali in Italia sfiora il 90%, al top tra i paesi Ocse; Raffaele Cantone, con la precisione di un orologiaio, descrive perfettamente gli ingranaggi del “sistema” che si infetta, ogni giorno, di nuovi virus o di vecchi non adeguatamente debellati, anche da una normativa carente o paradossale.
Il Presidente dell’Autorità Anticorruzione afferma che “il termine viene dall’accostamento di cum e rompere, rompere per mezzo di qualcosa, e contiene la forza distruttiva dei suoi effetti: è un peccato capitale, un morbo letale per la vita dell’intera comunità. Anche se sono pochi a causare la ferita, l’infezione si estende e presto contagia tutto. In Italia fatichiamo a rendercene conto. I più sembrano abituati o persino rassegnati a sentir parlare di tangenti e raccomandazioni, di pubblici uffici lasciati decadere fino a trasformarsi in luoghi oscuri”.
E ancora: “Ci sono addirittura persone già giudicate colpevoli che restano al loro posto, nei partiti, nelle aziende e persino nella pubblica amministrazione, e continuano a essere ossequiate e circondate di questuanti. È come se un insegnante condannato per pedofilia seguitasse a lavorare in una scuola, ricevendo anche l’apprezzamento dei genitori dei suoi alunni”.
Immagini eloquenti della grave emorragia morale che, dopo un quarto di secolo da Mani Pulite, non solo non si è arrestata ma si è evoluta al passo con i tempi, insinuandosi e trasformandosi in nuove patologie. Sottolinea Cantone che “ciclicamente si grida allo scandalo, ci sono moti di indignazione collettiva, spesso in coincidenza con le crisi economiche che intaccano il benessere generale”. Tuttavia, in Italia si dimentica presto. Anche le più squallide violazioni del diritto sono ormai notizie che durano lo spazio di un attimo. Lo spazio per scuotere la testa o allargare le braccia e dire “così è se ci pare”. Intanto, tutto continua a scorrere come se niente fosse: “oggi ci sono istruttorie che vengono cancellate dal tempo prima ancora che sia pronunciato qualunque giudizio: l’inchiesta finisce nel cestino senza neppure l’incriminazione. Questo ha un effetto disastroso: oltre a non dare un colpo al malaffare, trasmetti la certezza dell’impunità. Una parte della magistratura compie il proprio dovere e difende i processi. Ma bisogna riconoscere che un’altra parte, sicuramente minoritaria, non sempre ha fatto tutto quello che poteva”.
Sembra che gli ultimi scandali abbiano svegliato dal preoccupante torpore anche un Parlamento troppo lontano dalle vere esigenze del Paese. E nel significativo e allarmante vuoto delle aule, Piero Grasso rammenta che “i dati sulle condanne per i reati dei colletti bianchi,corruzione, peculato, riciclaggio, falso in bilancio, dimostrano che il rischio penale è infinitamente più basso di quello legato ai delitti più tradizionalmente commessi dalle mafie, nonostante tutti siano concordi nel segnalare un aumento esponenziale del fenomeno”.
Occorre dunque puntare alle misure di contrasto, al fine di capovolgere l’attuale situazione, ma già sin dalle prime pagine Cantone evidenzia che “invertire la rotta non è facile. Non ci sono ricette semplici né parole magiche. L’obiettivo di questo libro è cercare di mostrare che ci vorrà tempo, ma il cambiamento è possibile. Ed è già cominciato. Dai cantieri dell’Expo di Milano, dove ai traffici dei veterani di Tangentopoli si è sostituito un modello di vigilanza certificato persino dall’Ocse, e dal commissariamento dei lavori del Mose di Venezia a decine di altri interventi messi in campo in un solo anno, sottolineando che accanto a questi pilastri della repressione, si sta cominciando a costruire un sistema di prevenzione, inserendo nella pubblica amministrazione gli anticorpi per combattere il male, per impedire le tangenti prima che accadano”.
Tuttavia, il legislatore che dovrebbe semplificare il quadro normativo – attraverso la chiarezza e la certezza del diritto – lo complica, trasformando le regole in deroghe e Cantone lo ribadisce: “Ci sono troppe leggi e sono troppo poco chiare. Sono uno strumento potente, ma il nostro sistema ne abusa, perché con esse vuole regolare qualunque situazione, creando più problemi di quanti ne risolva e finendo così per paralizzare tutto. Anche perché molte di queste leggi devono poi essere concretizzate da regolamenti operativi che nessuno emette, e così restano inapplicate: che senso ha affermare un principio se poi di anno in anno se ne rinvia l’attuazione? Il solo fatto che in Italia esista un provvedimento chiamato «milleproroghe» la dice lunga su un sistema che non funziona. Per non parlare dei decreti legge, con cui si inseriscono a valanga norme su norme dai testi incomprensibili”.
Se si vuole davvero guarire da questo male tutto italiano non si può prescindere dal primato dell’etica pubblica, virtù’ fondamentale, perché l’Italia possa definirsi un Paese normale. Anche se il vento sembra soffiare in un’altra direzione, questo libro propone delle buone strade da percorrere, ma è chiaro che non può demandarsi al solo Raffaele Cantone la salvezza del Paese. Mentre si scrive, si discute del nuovo assetto governativo alla luce del caso Lupi. Il nome del magistrato è sempre presente quale espressione della buona amministrazione. Ma una buona amministrazione oltre a persone di sicuro spessore etico e professionale presuppone anche la possibilità di strumenti validi e tempestivamente risolutori, anche perché i piccoli e grandi centri di potere continuano a tenere le redini di un sistema ormai compromesso e funzionale agli untori.
Ogni giorno vengono alla luce molti scandali e molti altri rimangono sommersi per anni. Le vecchie logiche politiche continuano a tenere banco alimentando il malaffare, le “mani sulla città” sono sempre più sporche e il potere assume diverse forme e sfaccettature. Qualcosa potrebbe davvero cambiare se finalmente si potesse passare dagli arresti eccellenti alle pene eccellenti. Ma la storia recente del nostro Paese ci ha abituati a reati prescritti o non adeguatamente sanzionati. Insomma, sembra una realtà senza speranza anche se Cantone, sulla base della sua esperienza, intravede ancora una possibilità, coinvolgendo direttamente la collettività: “Quei cittadini cui tocca il compito di distinguere il grano dalla malerba, impedendo ai parassiti di arricchirsi con le risorse indispensabili per lo sviluppo di un Paese, quelle che servono perché domani i nostri figli diventino protagonisti di un’Italia che sta già migliorando, nella quale sarà bello crescere e lavorare a testa alta, sicuri dei propri diritti.
Forse questo libro non dovrebbe essere letto ma applicato. E dovrebbero essere applicate almeno le norme che ci sono e che rispetta soltanto la maggioranza dei cittadini onesti, cui tocca il compito di distinguere il grano dalla malerba, ormai stanchi di rimanere a guardare il costante infrangere delle regole, di notizie che non fanno più notizia.