“Esta oficina no dispone de efectivo”, un messaggio semplice e lapidario, giusto sopra gli orari di apertura e chiusura della banca, sebbene quest’ultima non aprirà per lungo tempo. Banco Madrid, la filiale spagnola della BPA (Banca Privada de Andorra), non ha più un euro negli sportelli automatici così come in molti caveau. La causa: il panico e la sfiducia dei clienti, generati dopo l’apertura dell’inchiesta per riciclaggio di denaro e rapporti con la criminalità organizzata, che vede coinvolti membri delle mafie russe e cinesi, nonché ex dirigenti del governo venezuelano di Hugo Chavez, ha prodotto una corsa ai depositi. In tre giorni, dal 10 al 13 di marzo scorso, sono stati ritirati oltre 124 milioni di euro che, sommati ad altri ordini pendenti di esecuzione per un valore pari a 52,3 milioni di euro, hanno prosciugato la tesoreria. Se tutte le Sicav coinvolte (quasi 90) avessero deciso di chiudere le loro posizioni, Banco Madrid si sarebbe trovato con un saldo negativo di oltre 100 milioni di euro.
L’effetto: il giudice del Tribunale del Commercio di Madrid, Carlos Nieto Delgado, ha deciso di inserire l’istituto nella fase di liquidazione per un elevato rischio di “imminente insolvenza”. Lasciano le scrivanie gli amministratori provvisori nominati dalla Banca di Spagna solo due settimane fa, prendono posto i curatori fallimentari. Il procuratore non risparmia nemmeno una frecciata agli organi supervisori: “Clienti e lavoratori si chiederanno, ragionevolmente, com’è possibile che Banco Madrid abbia superato tutti i controlli, godesse di una buona salute finanziaria, ma in meno di 72 ore sia finita sull’orlo del fallimento”. Un leitmotiv già vissuto con Bankia.
Il 19 marzo scorso il Fondo pubblico di ristrutturazione bancaria spagnolo (Frob) aveva deciso di non salvare Banco Madrid, che gestisce circa 6 miliardi di euro di attivi e che dal 10 marzo era sotto la gestione diretta della Banca di Spagna, a causa dei problemi legali della propria controllata.
Gli amministratori designati dal Tribunale avranno due mesi per stabilire con chiarezza attivi, passivi e debiti. Dovranno fare presto per quanto riguarda la stesura di un piano per una futura cessione (due settimane, forse qualche giorno in più vista la complessità del processo). I creditori, a loro volta, dovranno comunicare la propria posizione entro un mese. I trecento lavoratori sono sul piede di guerra. Riuniti sotto lo studio di avvocati Cremades & Calvo Sotelo, insieme a quasi un centinaio di clienti, hanno deciso di intraprendere azioni legali per bloccare il processo fallimentare. Prima lo faranno per vie amministrative, poi giudiziarie. Vogliono salvaguardare i diritti salariali oltre che la composizione dell’organico. Hanno tempo fino all’11 aprile. Se non ci riuscissero, dal giorno successivo il Banco potrebbe essere venduto o scorporato, senza obbligo di reintegro del posto di lavoro. Per quanto riguarda invece i clienti, il Fondo de Garantía de Depósitos (FGD) ha annunciato che si metterà in contatto con loro per procedere al pagamento degli importi garantiti fino al limite massimo di 100.000 euro. Per gli altri, oltre 14.000 depositari (con 600 milioni di euro totali) e le Sicav (1 miliardo e 500 milioni complessivi), ci sarà da aspettare.
Dal Principato arriva una prima linea di credito. Il governo di Andorra ha approvato un finanziamento di 45 milioni di euro, estendibile fino a un massimo di 100, per dare liquidità alle imprese clienti di BPA, soprattutto per il pagamento degli stipendi dei dipendenti o degli affitti dei locali. Sui Pirenei è arrivata anche la Polizia spagnola. Con un’iniziativa inusuale, gli agenti si sono recati nel piccolo Stato per ottenere i dati dei clienti di Banco Madrid degli ultimi cinque anni, informazioni che non erano rintracciabili nei server informatici della filiale spagnola. Tra i nomi compare anche la famiglia dell’ex Presidente della Generalitat de Catalunya, Jordi Pujol, già coinvolto in uno scandalo finanziario, proprio per aver occultato conti bancari nel Principato.