Enzo Pontani e Luca Pollastri, intervenuti per primi quel 25 settembre 2005 in via Ippodromo, dovranno pagare 224.512,18 euro ciascuno. Mentre Monica Segatto e Paolo Forlani, l’equipaggio della seconda volante, avranno entrambi un debito con lo Stato di 56.128,05 euro. A questo vanno aggiunti 1.778,34 euro di spese processuali
La Corte dei conti dell’Emilia Romagna ha condannato i quattro agenti responsabili del’omicidio colposo di Federico Aldrovandi a rifondere al ministero dell’Interno i quasi due milioni di euro pagati alle parti civili. La procura contabile chiedeva ai quattro poliziotti circa 1.870.000 euro, quantificato a titolo di danno erariale e danno di immagine. I giudici Luigi Di Murro (presidente), Francesco Pagliara e Massimo Chirieleison hanno però modificato in sede di verdetto sia la somma totale richiesta sia il quantum per ciascuno dei convenuti. Anziché restituire ognuno l’identica somma di 467mila euro, la Corte ha diversificato il danno in rapporto alla tempistica dell’intervento. Enzo Pontani e Luca Pollastri, intervenuti per primi quel 25 settembre 2005 in via Ippodromo, dovranno pagare 224.512,18 euro ciascuno.
Monica Segatto e Paolo Forlani, l’equipaggio della seconda volante che ha preso parte alla seconda colluttazione, avranno entrambi un debito con lo Stato di 56.128,05 euro. A questo vanno aggiunti 1.778,34 euro di spese processuali. Il collegio conferma nelle sue valutazioni la “colpa grave” degli agenti, che è consistita nella mancata richiesta di intervento del 118, nella violenta colluttazione (avvenuta “con palese e manifesto eccesso dei limiti del legittimo intervento di polizia, accertato dalla incontestabile superiorità numerica, nelle ripetute e prolungate percosse con il ricorso all’uso di manganelli — due dei quali spezzati per l’abnormità dell’intervento — e nella prosecuzione della colluttazione anche dopo l’immobilizzazione a terra del giovane”), nell’omissione delle prime cure urgenti in favore del giovane (“nonostante la invocazione di aiuto proveniente dal medesimo con l’invito espresso a cessare dall’aggressione”) e nella “prosecuzione della colluttazione della vittima in posizione prona, la quale lo ha reso agonizzante per le difficoltà respiratorie”. La riduzione della richiesta risarcitoria, ridotta a un terzo del totale (561.280,47 euro ripartiti nella misura dell’80% tra Pollastri e Pontani e il restante 20% tra Segatto e Forlani), è dovuta invece al riconoscimento di circostanze oggettive e soggettive. Vale a dire l’inadeguata organizzazione del servizio imputabile al Ministero, gli ottimi precedenti di carriera, la forte tensione emotiva, il contesto operativo difficile.
“È una notizia positiva, non è una questione di cifre” è il commento di Patrizia Moretti, secondo la quale “quello che conta, come nelle altre sentenze, non è l’entità ma il riconoscimento delle responsabilità”. È un “passo in avanti” secondo la madre del ragazzo anche il fatto “che si riconosca la necessità di entrare nel merito della formazione delle forze dell’ordine e nel controllo delle loro azioni. La formazione non può interrompersi mai”. Per Fabio Anselmo, l’avvocato che ha seguito il primo grado del processo penale e che ha seguito anche i casi Cucchi, Rasman, Uva e Magherini, la sentenza “lancia un vero e proprio monito nei confronti di coloro che hanno la responsabilità della preparazione, organizzazione e formazione delle forze dell’ordine”. E questo “senza in alcun modo sminuire, né avrebbe potuto esserlo, la gravità dei fatti già accertati dal giudice penale. La condanna – pur cospicua – viene economicamente ridotta a fronte del riconoscimento di una indubbia responsabilità del Ministero in tema di mancanza di preparazione, organizzazione e formazione degli agenti. Non si può più parlare di mele marce ma di un problema ben più ampio”.
Una “sentenza straordinaria”, pur se per motivi diversi, anche per Eugenio Pini, legale della Segatto, “in quanto ha ridotto la pretesa economica avanzata nei confronti della mia assistita di ben 9/10”. Sentenza straordinaria “ma anche coraggiosa, perché ha riconosciuto la responsabilità dell’amministrazione dell’evento attribuendogli i tre quarti della colpa. Questo deve essere un ulteriore impulso per giungere urgentemente a garantire concretamente la sicurezza degli operatori e dei cittadini in casi simili. Spero che questa sentenza possa anche consentire il riavvicinamento delle parti e dare serenità a tutte le forze dell’ordine che quotidianamente sono impegnate per la sicurezza dei cittadini”.