Giuliano Pisapia ha annunciato che non si ricandiderà a sindaco di Milano e nessuno gli ha detto: “resta”. Anzi, i giornali raccontano che già un mese fa i capetti del Pd locale – Pietro Bussolati, segretario cittadino, e Alessandro Alfieri, segretario regionale – avevano preso contatti con Giuseppe Sala, il commissario di Expo, per capire che cosa avrebbe fatto dopo la fine dell’esposizione universale. Lui, Sala, ripete che dopo l’evento se ne andrà due mesi in Patagonia. Ma più d’uno sussurra che, se Expo sarà un successo, o almeno non un disastro, Sala potrebbe essere il candidato giusto per Palazzo Marino, capace di mettere d’accordo Pd e Forza Italia. Tanto che da Sala sono andati in pellegrinaggio anche i due luogotenenti di Silvio Berlusconi, Mariastella Gelmini e Giovanni Toti.
Restiamo ai due del Pd, Bussolati e Alfieri. Saranno andati da Sala, un mese prima del gran rifiuto di Pisapia, a parlare della Patagonia? Gli avranno portato in regalo il libro sulla Terra del fuoco scritto da Jovanotti? Quello che succederà nei 14 mesi che mancano alle elezioni a Milano lo sanno soltanto gli dei. Quello che è successo nei mesi scorsi, invece, è un poco più chiaro: lo strano Pd di rito ambrosiano ha nei fatti lavorato contro Pisapia. “Nativi Pd”, amano chiamarsi i renziani senza Renzi che hanno conquistato a Milano un partito che non si è mai ripreso del tutto dalla batosta di Mani Pulite, quando fu azzerato dalle indagini (malgrado le leggende dei magistrati che “salvarono” il Pci) e sprofondò nel 1993 all’8,8 per cento.
Il nostro Pd è una forza nuova, dicono. Anche se permane qualche continuità con l’ultima gestione forte del partito, quella di Filippo Penati. Almeno nello stile: Pietro Bussolati (segretario cittadino), Pierfrancesco Maran (assessore alla mobilità), Monica Chittò (sindaco di Sesto San Giovanni) e gli altri Bravi Ragazzi del Pd di rito ambrosiano hanno sempre preteso di trattare Pisapia – questo alieno gentile senza cui non avrebbero mai vinto neanche un concorso rionale – come l’azionista di maggioranza tratta un leader di bandiera che deve però rendere conto a chi ha in mano le quote di controllo.
Così hanno preteso di fare la Città della salute a Sesto San Giovanni, togliendo di fatto risorse a eccellenze sanitarie milanesi come l’Istituto neurologico Besta e il Policlinico. Così stanno lavorando per indebolire Atm, l’azienda comunale dei trasporti, e Mm, la società controllata dal Comune che dalla progettazione del metrò è passata a gestire anche le case popolari e l’acqua, a cui contrappongono la Cap (la società che gestisce il servizio idrico nelle province di Milano, Monza e Brianza e Pavia) in una vera a propria “guerra dell’acqua”. Così hanno imposto la continuazione della M4, la linea del metrò che peserà per anni sugli esangui bilanci pubblici della città come una bomba a orologeria.
Giuliano Pisapia ha annunciato che non si ricandiderà. Noi, unici, ci permettiamo almeno di chiedergli: ci hai pensato bene? Se non cambierà idea, ha comunque 14 mesi di libertà, senza condizionamenti elettorali, per cercare di evitare scelte che peseranno sul futuro della città e per contribuire a costruire una successione che non faccia morire del tutto la
“rivoluzione arancione”.
@gbarbacetto
Il Fatto Quotidiano, 27 Marzo 2015