A 44 anni ha fatto il miglior tempo di dislivello positivo, passando dalla spiaggia cilena di Las Ventanas ai 6963 metri della vetta in Argentina. Insieme a lui il comico e runner Giovanni Storti (il Giovanni del trio con Aldo e Giacomo). "Sono partito dai 37 gradi di Las Ventanas per arrivare a -15"
Oltre i quattromila basta un filo di inquietudine per trasformare il ghiaccio nella Santa Inquisizione. Nico Valsesia non ha degnato nemmeno di uno sguardo i Penitentes, la processione di pinnacoli di neve scolpiti dal sole delle Ande, e ha continuato la sua ascesa. Era il pomeriggio del 23 gennaio e i turisti della spiaggia cilena di Las Ventanas, nei pressi di Viña del Mar, assistevano agli ultimi preparativi di un uomo in bicicletta. Dopo otto ore e oltre 200 chilometri Nico era ai 2900 metri di altezza di Los Horcones, Argentina. La notte e poi il giorno, il respiro sempre più affannoso e alle 15 e 41 di sabato 24 gennaio l’atleta piemontese raggiungeva il suo traguardo. Dal mare ai 6963 metri della vetta dell’Aconcagua in meno di un giorno, record mondiale di dislivello positivo.
“Non penso di avere fatto nulla di straordinario – esordisce Nico – Amo il Sud America, è una fortuna avere trovato le condizioni giuste per l’impresa a queste latitudini”. Nico Valsesia ha 44 anni e vive a Borgomanero, nel novarese, dove gestisce un negozio di biciclette. Nel tempo libero cerca dei limiti nel suo fisico e lavora per superarli. “In Argentina è andato tutto bene, a parte una leggera disidratazione nella parte finale. La sete rappresenta il problema più frequente per chi affronta l’Aconcagua assieme alla quota, che può causare edemi polmonari o cerebrali soprattutto se si accelerano i tempi. Altra questione è la temperatura: sono partito dai 37 gradi di Las Ventanas per arrivare a -15, che significa che a 7 mila metri ho trovato condizioni meteo strepitose. Sono partito leggero e a Los Horcones, dove ho lasciato la bici, mi sono vestito da salita, nello zaino avevo i vari strati di vestiti da indossare durante l’ascensione”.
Nico è stato aiutato da un grande lavoro di acclimatamento nei giorni precedenti e da un team che lo ha assistito in ogni istante. Una donna e sei uomini, tra loro in veste di “special motivator” il comico e runner Giovanni Storti, il Giovanni del trio con Aldo e Giacomo. “Avrei potuto fare un tempo inferiore, due giorni dopo il record sono tornato sulla vetta e ho impiegato meno tempo a compiere il percorso a piedi – spiega Nico per la nostra incredulità – La seconda volta il termometro segnava -30 e sentivo mani e piedi che iniziavano a congelarsi. Ero solo in cima e continuavo a camminare per provare a scaldarmi, ma volevo gustare le sensazioni che quel posto regala. A scendere non ci va molto, perché l’Aconcagua non è una montagna tecnicamente complicata”.
Secondo Nico Valsesia il record non è destinato a durare, o per lo meno la sfida è aperta. “Ci sono migliaia di persone al mondo che possono battere il mio tempo tranquillamente – afferma – Ma non c’è bisogno di prendere un aereo per provare grandi emozioni: io ho fatto bike+run da Genova alla cima del Monte Bianco ed è stata un’esperienza fantastica, senza dimenticare l’unicità di posti come il Rosa o il Cervino. Più difficile tentare avventure simili in Himalaya, perché il mare dista troppo”.
Oggi, come tutti gli altri giorni, il runner piemontese macinerà asfalto, per spuntare una nuova voce alla lista dei sogni realizzati. L’impegno, prima o poi, è coprire su due ruote in autonomia i 4 mila chilometri che separano Londra da Istanbul. “Pedalo, corro, scio. La mattina mi sveglio e decido cosa fare, per fortuna ho sempre voglia di allenarmi. Non uso cardiofrequenzimetri né gps, nulla. Se la prestazione arriva bene, altrimenti fa nulla”.
Ragionano così tutti o quasi gli atleti estremi. Marco Olmo, 66enne vincitore di numerose ultratrail, non tiene alcuna tabella e calcola gli sforzi in base alle ore, mai ai chilometri. “Conosco bene Marco – dice Valsesia – Lui, come me, corre per divertimento. Un professionista a 35 anni smette, quando invecchi devi dare retta solo alla tua testa perché gli obblighi non ti portano da nessuna parte”. La domanda, a questo punto, è sempre la stessa: ma chi te lo fa fare? “Talvolta, dopo sette giorni senza sonno, me lo chiedo. Poi alzo la testa e vedo la Monument Valley, o ancora meglio le sagome delle Ande, e ho la risposta: meno male che il fisico e gli sponsor me lo fanno fare, sono una persona fortunata”.
Lo aiuta un mantra, riportato sul suo sito nicovalsesia.com: “La fatica non esiste”. “Organizzo gare e quella frase è una battuta che feci a un concorrente che si lamentava per il tracciato troppo duro. Ma in fondo se ami ciò che fai è vero: la fatica non esiste”.