A Sofia la nazionale passa in vantaggio subito, fallisce più volte il raddoppio ma poi subisce la rimonta dei padroni di casa. Il gol dell'oriundo (all'esordio) evita al commissario tecnico la prima sconfitta. E nel finale tantissime occasioni fallite da Immobile & Co.
Tornato nella sua stanza d’albergo, tenendo per mano il bagaglio dei cattivi pensieri, Antonio Conte avrà cercato sulla cartina geografica Lauro Muller, cittadina brasiliana di appena 13mila abitanti, per vedere dove è nato l’uomo che lo ha salvato dalla tempesta perfetta. E avrà anche ringraziato suo nonno Battista Righetto, nato a Nove, in Veneto, ed emigrato in Sudamerica. Mancava solo la sconfitta, la prima sulla panchina azzurra, per completare le peggiori quarant’otto ore di Conte da ct dell’Italia. L’ha scansata grazie a Eder, l’oriundo che – pure lui – era finito nell’occhio del ciclone in settimana perché qualcuno avrebbe preferito convocazioni di “italiani veri” (citazione). Stop, giro e tiro e Bulgaria agganciata negli ultimi cinque minuti dopo una partita brutta e difficile, contro una squadra capace di reagire subito allo svantaggio e spaventare gli azzurri con carneadi e mancati buoni giocatori.
Saranno le scorie della vicenda Marchisio penetrate in uno spogliatoio ovviamente non impermeabile al caos mediatico seguito all’infortunio del centrocampista juventino. Sarà che piove – anche letteralmente, a Sofia – sul bagnato e Buffon è costretto a dare forfait per un attacco influenzale. Sarà quel centrocampo a cinque interpretato da giocatori mai visti tutti insieme e slegati anche perché Marco Verratti, principino in terra di Francia, non si esalta nel ruolo di erede di Pirlo. Sarà quel che sarà, la Bulgaria ha rischiato di mettere sotto l’Italia dando un’altra mano di nero sul volto già scurissimo di Conte, tormentato per le ultime roventi giornate. Poi il colpo da biliardo dell’attaccante della Sampdoria, la corsa verso il ct che ne aveva difeso la convocazione e tutto si scioglie sotto la pioggia battente dello stadio Levski. Resta perfino l’amaro in bocca per un’occasione fallita da Gabbiadini agli sgoccioli della partita. Avrebbe significato vittoria, qualificazione quasi matematica e un calcio a tutto quello che ha preceduto la partita.
Che a dir la verità era iniziata anche piuttosto bene. La prima palla gol arriva dopo appena 18 secondi. Immobile sbaglia ma la sensazione è quella giusta: la Bulgaria dietro sbanda. E infatti bastano quattro minuti a Bertolacci per piazzare un cross che Zaza non deve neanche correggere in porta. Ci pensano Mihaylov (portiere) e Minev (difensore) a spingerla dentro. Forse l’Italia la vede troppo in discesa o forse più semplicemente i bulgari sanno che non c’è il sereno oltre un’altra notte da sconfitti. La corsa sulla Norvegia passa attraverso un risultato a sorpresa contro gli azzurri. Che danno una mano. Davanti a Conte, dopo il tradimento dei sentimenti bianconeri, si para davanti anche lo spettro dell’“ammutinamento” dei fedelissimi.
Prima Bonucci piazza la topica sul pareggio, sbagliando totalmente il tempo dell’uscita che spiana la strada a Popov, ‘stella’ in Russia con il Kuban. Poi Barzagli si perde Micanski, seconda divisione tedesca con il Karlsruhe, libero di girare di testa alle spalle di Sirigu, dopo un cross di Milanov lanciato ancora da Popov, che a Sofia ha vissuto i quindici minuti di notorietà tanto cari a Warhol facendo ammattire la difesa a tre che la Juventus ‘presta’ alla Nazionale e piazzando anche una punizione sulla traversa. Sarebbe stato troppo, perché l’Italia, pur giocando male, qualcosa crea. Spreca tanto Immobile, è bravo in alcune occasione il centrale Bodurov. Niente di eclatante. Dopo un quarto d’ora della ripresa, debutta Eder per lo spento Zaza. Ci prova ancora Immobile, ma l’Italia non è mai davvero pericolosa. Fino al lampo di Eder nel mezzo della tempesta di Sofia. Tiene lontana la Norvegia, mette un freno alla fuga della Croazia. E strappa un mezzo sorriso a Conte, criticato e alle prese con un gioco che stenta a diventare pimpante. Ma ancora imbattuto grazie a nonno Battista Righetto che emigrò in Brasile, ma era nato in Veneto.