Gruppi di guaglioncelli si aggirano per Napoli dopo le Festività Natalizie. Raccolgono abeti spogliati delle loro decorazioni per una ricorrenza religiosa di metà gennaio, ma agli occhi dei passanti sono soltanto schiamazzi e vandalismi. La doppia faccia di una città vissuta in strada nei panni di bambini respira sfuggente nel doc girato dal duo di artisti metropolitani Cyop&Kaf
È un piccolo film incastonato nell’unicità partenopea Il Segreto, vicitore di diversi riconoscimenti ottenuti tra Torino Film Festival, il parigino Cinema du Réel e il brasiliano Festival Fronteira di Goiânia. A dirigerlo, ma soprattutto a idearlo, Cyop&Kaf, al secolo Luca Rossomando e Riccardo Rosa, due pittori che di periferie se ne intendono, avendo ravvivato con i loro murales i quartieri più degradati di Napoli e di altre città del Sud. Aver iniziato da qualche anno a dipingere su muri, porte e saracinesche dei Quartieri Spagnoli li ha resi talmente familiari alla popolazione che girare con una telecamera al seguito di questi gruppi di scugnizzi millenial è diventata una naturale prosecuzione del lavoro letterario intrapreso con QS, libro fotografico e autoprodotto.
Bambini di dieci anni e poco più si aggirano come formiche operaie per accaparrarsi alberi sopravvissuti al Natale. Li trascinano attraverso i quartieri, ordiscono strategie, si arrampicano, scavalcano, discutono con i passanti, a volte ne ascoltano i consigli d’esperienza. Tutto verso un obiettivo inaspettato: un grande rogo da accendere la notte di Sant’Antonio Abate, che ricorre il 17 gennaio. Non ci sono preti né oratori però. Tantomeno processioni. La religione sfuma in un rito iniziatico per passare dall’infanzia alla giovinezza. La città come una giungla. Ad alcuni di loro sbuffano sotto il piumino i grembiuli di scuola, chiaro segno di elementari. Anzi, scuola primaria. Altri sono prossimi alla prima acne, più forti comandano e coordinano i più piccoli sul da farsi.
Tutto di fronte alla telecamera dei due artisti come se questa non esistesse. Il lavoro degli autori non è altro che il seguire i ragazzi nella loro caccia al tesoro attraverso i quartieri Torretta, Largo Baracche, Sanità, Sant’Anna di Palazzo. Le immagini serpeggiano in una Napoli notturna, spoglia, segreta. Dove i bassi sono le balconate di questo teatro di vita. I paidos della Magna Grecia non ci sono più. La prima e seconda generazione del 2000 ha il reality nel sangue, non teme l’obiettivo né gli permette d’inficiarne la naturalezza riservata alla loro voglia di essere gruppo e dimostrarsi coraggiosi. Forse i veri registi sono proprio loro, facendo di Cyop&Kaf due semplici inseguitori. O forse no. Perché gli autori rinunciano a qualsiasi commento o artificio, razionale o onirico con una scelta a metà tra documentarismo immersivo e neorealismo metropolitano. Acciuffano verità rubando le immagini di una madre che quasi sculaccia il figlio dopo averlo sorpreso nel deposito di alberi. Soltanto una delle scene che compongono un’opera antropologica, un film partecipato che non offre giudizi né strumenti esatti per costruirne, ma può stimolare domande, incuriosire sbirciando dietro quel patrimonio umano che nel bene e nel male è Napoli, città di profonde contraddizioni e potenzialità.
Le musiche corsare, ritmiche e non sovrastanti sono di Enzo Avitabile, più spazio è concesso invece ai suoni della strada in presa diretta. Si parla di vecchie alleanze tra Borgo e Cavone, i bambini si fanno sopraffare soltanto dai racconti degli adulti che li hanno preceduti di decenni nella raccolta. E l’affresco filmico che ne viene fuori con tutte le sue luci e ombre diventa naturalmente onirico soltanto nel finale del rogo, così simile allo spirito cubista, partenopeo e surreale che domina il lavorio di Rosa e Rossomando.