“Oggi c’è l’eclissi di sole”, dicono le maestre. Mario, che ha quattro anni, appena intuisce, sente il clima misto di eccitazione e timore. Nino e Giovanni, che sono più grandi, invece no: vogliono capire. E allora io e mio marito ci mettiamo a disegnare, ad azzardare malfermi universi di cartone con pianeti ubriachi che seguono orbite ovali e tremebonde. Abbastanza per capire che occorre un piccolo ripasso.
Allora: l’eclissi di sole si verifica quando la luna passa tra noi e il sole. Bene. Quella lunare quando la terra passa in mezzo e proietta l’ombra sul proprio satellite. “Tutto chiaro?”, chiedo soddisfatta della mia spiegazione a Nino e Giovanni. “Sì”, fanno cenno con la testa. Eppure non basta, lo vedo. Va bene, la terra è qui, il sole è là. Okay. La terra ha un raggio di 6. 370 chilometri, mentre il sole arriva a mezzo milione. Okay. Insomma, il sole ha un volume un miliardo di volte maggiore alla terra. Benissimo. Capito. Però… il punto è un altro, non sono i numeri: noi dove siamo in tutta questa immensità? Che posto hanno in tutto questo le macchinine disposte sull’armadio, marca per marca, colore per colore? Che posto le raccolte di figurine? Ma che posto perfino il nostro rifugio, la casa, la famiglia. Addirittura il mondo? Non te lo chiedono, i figli, eppure capisci che a questo pensano. Mentre stamattina l’ombra sale e ricopre tutto. Un’oscurità diversa dalla sera, malata, che non protegge. Fa miagolare i gatti, abbaiare i cani. Fa quasi cadere gli uccelli a terra. Poi ecco la luce che riscalda di nuovo la pelle, la terra ritorna ferma sul suo piedistallo. Giovanni, Nino e Mario riprendono a giocare a pallone. A riconcorrersi come se il mondo potesse sostenere i loro passi.
Che bello, pensi, se da grandi facessero gli astronomi, gli astrofisici, se puntassero i loro occhi su quelle costellazioni dalle forme meravigliose. Che bello se capissero i segreti dell’universo e potessero spiegarli finalmente anche a noi.
il Fatto Quotidiano, 23 marzo 2015