Il motore dell’Italia è ripartito. Non quello di cui parla la politica, quello che fanno gli italiani. Da Sepang al Qatar, in una domenica bestiale, Ferrari e Ducati – simboli che più italiani non si può – salgono sul podio. E portano l’Italia sul tetto del mondo. Di forza, di prepotenza. Prova tecnica di riscatto nazionale attraverso la pratica degli sport motoristici che richiedono superiori conoscenze d’ingegneria e coraggio da vendere, roba su cui si misurano tutte le industrie su gomma che nel mondo contano e fanno a gara per dimostrarsi migliori. E oltre ai marchi torna al trionfo a 36 anni anche il personaggio-simbolo delle due ruote, Valentino Rossi
La Ferrari c’è. La rossa domina
La domenica da leoni inizia su quattro ruote, con la vittoria dopo due anni d’attesa della Ferrari che arriva sul gradino più alto del podio grazie a uno strepitoso Sebastian Vettel e a una strategia di gara vincente. Si sente pure l’urlo “Forza Ferrariiii” sparato da Vettel nell’interfono in perfetto italiano al momento in cui taglia il traguardo. Il pilota tedesco ha letteralmente dominato il Gran Premio della Malesia. Prossimo appuntamento in Cina. Arrivarci dopo un trionfo come questo è una bella iniezione di fiducia per tutto il gruppo di Maranello, a partire dal nuovo team principal Maurizio Arrivabene. Giù il casco alle Ferrari. Lo fa anche Hamilton, da vero campione, che a fine gara si congratula con il cavallino e con Vettel, spiegando di aver dato tutto il possibile e di non immaginare che i progressi delle Rosse fossero così importanti.
Ducati e Valentino: la zampata in Moto Gp
Ma c’è un altro pezzo d’Italia che oggi mette i piedi più in alto di tutti. Gli emirati si comprano mezza Milano? Noi ci pigliamo la scena sul loro circuito. Nel cielo ormai nero del Qatar le moto della classe regina tornano a rombare per il Campionato MotoGP 2015. In prima fila la Ducati di Andrea Dovizioso che nella giornata di sabato si è conquistato la pole. Moto tutta nuova, una scommessa italiana, anche se da tre anni la fabbrica di Borgo Panigale parla tedesco, dopo l’acquisizione dell’aprile 2012 da parte di Audi (Volkswagen). Valentino è solo ottavo e infondo, laggiù, c’è Marco Melandri che con l’italiana Aprilia chiude il circuito. Ma ecco il semaforo. E l’Italia che vuole vincere inizia la sua corsa. Il Pil, lo Spread e l’occupazione sono numeri che s’infrangono sul muro dei 350,5 km l’ora.
La gara prende la forma del “panino” con le due Ducati di Dovizioso e Iannone appena dietro la Yamaha di Lorenzo che dopo una bella partenza da metà gara sbacchetta in curva e va in traverso. Le Honda, stavolta, non esistono. Marquez, il favorito, scivola per un contrasto al primo giro sul fondo e da lì riparte per arrivare poi alla quinta posizione. Ma la rimonta che fa sognare l’Italia è ancora e sempre quella di Valentino Rossi che da ottavo inizia a martellare recuperando secondi e posizioni. E’ un quartetto di testa che fa terra bruciata dietro: Lorenzo, Dovizioso, Iannone e Rossi. Si scambiano posizione, si infilano in curva appogiandosi al gas. Le Ducati appoggiano 270 cavalli di potenza. E vanno alla corda come lame quando la versione 2014 sembrava impossibile da piegare. Gli ultimi giri sono un ballo tra italiani: Dovizioso e Valentino si appoggiano, si toccano, si scambiano posizione quando mancano tre giri. E la seconda Ducati di Iannone si porta in zona podio. E si chiude una gara storica che dal Mugello 2005 porta due Ducati sul podio e il campione più blasonato al mondo – Valentino Rossi, 36 anni, nove volte campione – sul gradino più alto. “L’ho detto spesso: ma questa volta è stata davvero una delle migliori gare della mia vita”.