In base alla legge 81/2014, dal 31 marzo lo Stato chiude i 6 istituti presenti in Italia. I pazienti saranno ospitati presso le "Rems", costruzioni più piccole, senza celle. Usciti da queste strutture, saranno presi in carico dalle Asl, fino a che saranno dichiarati guariti. "C'è il rischio - avvertono però gli esperti - che entrando nel circuito ordinario di cura, tutti i malati siano additati come pericolosi"
“Il problema di questa legge è che non fa distinzione fra il malato psichiatrico giudiziario, macchiatosi di reati contro la persona, e il malato psichiatrico puro. Il rischio più elevato è che la psichiatria faccia un balzo indietro di decenni e mini le conquiste della legge Basaglia“. Ne è convinto Andrea Pinotti, direttore dell’Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere, che con queste parole getta parecchie ombre sulla legge di riforma degli Opg, la n. 81 del 30 maggio 2014, attraverso la quale lo Stato intende chiudere entro domani, 31 marzo, le sei strutture di detenzione presenti in Italia a favore delle Rems (Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza detentive), strutture più piccole (capienza massima 20 posti), agili, senza celle e altre forme contenitive delle libertà personali.
Nelle intenzioni questa riforma dovrebbe far prevalere l’aspetto sanitario, favorire la cura dei malati – comunque pregiudicati, anche se ritenuti parzialmente o totalmente incapaci di intendere e volere nel momento in cui hanno commesso il reato – e il loro reinserimento nel tessuto sociale, nel territorio. Ma sarà proprio così? “Il rischio – prosegue Pinotti – è che nel momento in cui il paziente autore di reato entra nel circuito ordinario di cura, confondendosi con tutti gli altri, torni lo stigma e tutti i malati psichiatrici siano additati come pericolosi dalla gente. Quindi emarginati, evitati, esclusi. Altro che reinserimento. La mia paura è che le Rems tornino a essere dei piccoli manicomi senza speranza, dai quali non si porta a casa nulla”.
La Legge 81, di fatto, scarica sul territorio il problema degli internati negli Opg, 700 in tutto secondo i dati più recenti. Le Rems funzioneranno come tappa intermedia, come filtro che dovrà riconsegnare il malato alle strutture a bassa intensità di cura e, poi, alla società. Guarito? Questo è l’obiettivo. Ma c’è chi si chiede – ed è il caso di un gruppo di 64 psichiatri del Dipartimento di Salute Mentale di Bologna, che hanno scritto una lettera al Ministero della Salute – come pluriomicidi, di fatto internati negli Opg italiani, possano essere controllati una volta dismesse le misure detentive. La sicurezza è affidata alla Prefettura che predisporrà sorveglianza esterna nelle zone in cui insisteranno le strutture e disporrà altri interventi per garantire la sicurezza, se necessari.
Una volta fuori dalla Rems i pazienti ex internati saranno presi in carico dai presidi psichiatrici di zona delle Asl per un certo periodo di tempo, fino a quando saranno dichiarati guariti. Ma chi potrà assicurare che i pazienti seguiranno i percorsi di cura? Altro quesito al quale non sembra esserci risposta. La dead line, come detto, è il 31 marzo. E non ci saranno proroghe. Per nessuno. Chi non sarà pronto ne risponderà e il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, parla di commissariamento per gli inadempienti. Ma, visto che la data limite è dietro l’angolo, gli Opg italiani (Reggio Emilia, Montelupo Fiorentino, Napoli, Aversa, Barcellona Pozzo di Gotto e Castiglione delle Stiviere) sono pronti per la trasformazione? Una risposta unica non c’è: alcuni sì, altri meno, altri ancora per nulla.
Quasi tutte le Rems, in ogni caso, saranno provvisorie perché per quelle definitive serve più tempo. Lo Stato, per la realizzazione delle strutture necessarie, ha distribuito alle Regioni (tutte, anche quelle dove non c’erano Opg, perché l’idea è che ogni Regione si riprenda i suoi malati-pregiudicati) 172 milioni di euro. Altro stanziamento è previsto per l’assunzione e la formazione di nuovo personale. Quattordici di questi 172 milioni sono stai assegnati all’Opg di Castiglione delle Stiviere. Un caso unico, di per sé, perché da sempre questa struttura, a differenza delle altre cinque, non dipende dall’amministrazione penitenziaria, ma dall’Azienda Ospedaliera Carlo Poma e dall’Asl e ha una convenzione con il ministero di Giustizia. “A Castiglione – spiega il direttore dell’Opg – non ci sono agenti di custodia, non ci sono celle, gli internati si muovono liberamente e hanno a disposizione bar, campo da calcio, palestra, piscina, laboratori ricreativi, una comunità esterna dove le persone con psicosi meno gravi lavorano e sono retribuite. Nel corso del 2014 abbiamo dimesso un centinaio di persone, per cui da noi non si può parlare di ‘ergastoli bianchi’.
A Castiglione la riforma, possiamo dire, era già arrivata da tempo e l’aspetto riabilitativo ha sempre prevalso su quello detentivo“. L’Opg in provincia di Mantova – che attualmente ospita 215 internati, unico in Italia ad avere anche una sezione femminile, dove sono ospitate le cosiddette ‘mamme killer’ – è pronto per la trasformazione, come sancito dalla Commissione Sanità del Senato in visita nei giorni scorsi. “In fase di transizione – ha detto ancora Pinotti – adatteremo le strutture già esistenti, sfruttando il nostro know-how. Partiremo con sei pre-Rems, suddivise a seconda delle patologie, che diventeranno otto quando l’opera complessiva di riqualificazione entrerà a regime”.