La questione meridionale negli anni ‘20 si era ormai imposta come un argomento fondamentale per la soluzione del differente sviluppo tra Nord e Sud del Paese. Autorevoli personaggi avevano espresso il proprio punto di vista, ipotizzando approcci da scegliere per la sua soluzione. Ad esempio Gramsci e Dorso. Vorrei tratteggiare alcuni contenuti della lezione contenuta ne La rivoluzione meridionale, di Guido Dorso. Il politico irpino riconobbe nel disagio del Mezzogiorno un potenziale rivoluzionario, che avrebbe potuto avere una svolta, agendo sul sostegno allo Stato da parte del blocco contadino meridionale.

La rivoluzione autonomista è, per il meridionalista di Avellino, l’unica alternativa al trasformismo conservatore, che puntava ad assorbire e neutralizzare le nuove forze che si affacciavano sulla scena. Scriveva Dorso: “Occorre dunque svegliare queste forze, impedire che precipitino nel trasformismo, inquadrarle pazientemente, e, senza fretta di arrivare subito, sottrarle alle terribili insidie dell’isolamento e delle lusinghe”. Dorso guardava con simpatia e speranza ai coltivatori meridionali oppressi dal fisco, dal protezionismo doganale e “dall’assurdo sistema giuridico in cui è imprigionata la produzione meridionale”, dato che “le oligarchie del Nord sono riuscite a creare una vera e propria dittatura ai danni del Mezzogiorno, dissanguandolo economicamente e non educandolo politicamente”. Occorreva dare tempestiva concretezza alla ‘rivoluzione italiana’, perché non fosse derubricata alla stregua di un “astrattismo sovversivo, convulsione, vociferatio, sfruttamento di disoccupati e di avventurieri, campo di manovra per le successive transazioni di ceti dominanti”.

Obiettivo della lezione dorsiana non è, dunque, un ricatto sociale, una rivoluzione sanguinaria o una spinta secessionistica, bensì il compimento delle incompiute premesse risorgimentali. Dorso auspica la lotta alle “classi trasformistiche del Sud, che non potranno non essere travolte nella rovina delle loro infinite colpe. La rivoluzione italiana sarà meridionale o non sarà, se non agisce il “grigio profilo dei partiti”, “che indubbiamente contribuisce a neutralizzare la loro azione meridionalista col peso di interessi strettamente nordici”. Con un termine anglosassone, Dorso immette sulla scena l’ipotesi del self-government, ossia l’autonomismo, interpretato come “dottrina politica diretta a raggiungere una più intima e profonda unità”.

L’alternativa al self-government secondo Dorso avrebbe comportato due scenari possibili: carità statale o separatismo reazionario. E ben sappiamo quanto fosse profetica la lettura di Dorso.No, il Mezzogiorno non ha bisogno di carità, ma di giustizia; non chiede aiuto, ma libertà. Se il mezzogiorno non distruggerà le cause della sua inferiorità da se stesso, con la sua libera iniziativa e seguendo l’esempio dei suoi figli migliori, tutto sarà inutile”.

250px-GramsciAntonio Gramsci, dal canto suo, vedeva nella coalizione tra proprietari terrieri del Sud e borghesia settentrionale l’impedimento alla soluzione della questione meridionale, legata al mantenimento di un Sud arretrato. Il sacrificio del Sud era collegato, per Gramsci, allo sviluppo industriale del Nord. Ne L’Ordine Nuovo, rivista gramsciana, si poteva leggere, infatti: “La borghesia settentrionale ha soggiogato l’Italia meridionale e le Isole e le ha ridotte a colonie di sfruttamento; il proletariato settentrionale, emancipando se stesso dalla schiavitù capitalistica, emanciperà le masse contadine meridionali asservite alla banca e all’industrialismo parassitario del Settentrione”.

Questa alleanza trovava, secondo Gramsci, un freno nella ideologia che anche il Partito Socialista aveva contribuito a diffondere tra gli operai del Nord, secondo cui: “il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce più rapidi progressi allo sviluppo civile dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale; se il Mezzogiorno è arretrato, la colpa non è del sistema capitalistico o di qualsivoglia altra causa storica, ma della natura che ha fatto i meridionali poltroni, incapaci, criminali […]”.

Su queste basi tuttora si specula, nella politica e nella scienza.

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