A incastrarlo sono stati alcuni fotogrammi di una telecamera di videosorveglianza e il Dna. Grazie a questi due elementi la Squadra mobile di Pavia è riuscita a risalire a un egiziano di 30 anni senza fissa dimora, Mahdi Mahmoud Nadi Hossein, accusato di aver violentato una studentessa universitaria di 20 anni, originaria della Puglia.

E’ la notte dell’11 dicembre 2014. Sono le cinque di mattina. La ragazza sta rincasando nella sua abitazione nel centro storico del capoluogo lombardo – a due passi dal Duomo – dopo aver trascorso una serata con alcuni amici nel locale Nirvana. E’ in compagnia di un’amica. Le due passeggiano, poi si salutano. La 20enne arriva sotto casa. Infila la chiave nella serratura. Apre. E in quell’istante viene aggredita da un uomo che la sorprende alle spalle, la spinge a terra e la stupra. Subito dopo la studentessa dà l’allarme. Le indagini vengono affidate alla polizia che passa al setaccio le telecamere della zona e riesce a individuare un uomo che corrisponde alla descrizione dell’aggressore. La conferma definitiva è arrivata dall’analisi del Dna, ricavato da un mozzicone di sigaretta gettato da Hossein e dai tabulati telefonici che cristallizzano la sua presenza vicino casa della ragazza quella notte.

L’ordinanza di custodia cautelare – su disposizione del pm Ethel Matilda Ancona – gli è stata notificata in carcere, dove Hossein si trova dal febbraio scorso per aver messo a segno una rapina nella casa di una donna e di aver ferito all’addome il vicino di casa intervenuto per difenderla. “A Pavia questi delitti non rimangono impuniti”, ha commentato il procuratore capo Gustavo Cioppa.

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