Il senatore Ncd in un'intervista disse che "quello nella foto non era sangue ma un cuscino". Per questo è accusato di diffamazione aggravata contro Patrizia Moretti, madre del ragazzo
Sarà il Senato a decidere se Carlo Giovanardi deve andare di fronte a un giudice a rispondere di diffamazione aggravata contro Patrizia MOretti, la madre di Federico Aldrovandi. La giunta per le immunità parlamentari di Palazzo Madama ha accolto a maggioranza la richiesta del gip di Ferrara Monica Bighetti, giudicando che le opinioni espresse nel corso dell’intervista “incriminata” non rientrano nell’ambito della prerogativa dell’insindacabilità ex articolo 68 della Costituzione. Mancherebbe, come sottolineato dalla relatrice della giunta, Nadia Ginetti (Pd), un nesso funzionale tra la dichiarazione resa extra moenia, ossia fuori dai luoghi deputati all’attività parlamentare in senso stretto, dal senatore e atti o interventi ufficiali compiuti dallo stesso.
Il senatore Ncd, tra l’altro anch’egli membro della giunta per le immunità, è accusato di diffamazione aggravata per le frasi rilasciate il 29 marzo 2013 durante un’intervista al programma radiofonico “La Zanzara” di Radio 24. Giovanardi venne sentito dall’emittente radiofonica in merito al sit-in del sindacato di polizia Coisp avvenuto due giorni prima a Ferrara, organizzato contro la carcerazione dei poliziotti condannati per l’omicidio colposo di Federico Aldrovandi. Al conduttore Giuseppe Cruciani, il senatore affermò candidamente che “quella foto che ha fatto vedere la madre è una foto terribile, ma quella macchia rossa dietro è un cuscino. Gli avevano appoggiato la testa su un cuscino. Non è sangue”.
Purtroppo per Giovanardi quella foto, scattata dai consulenti medico legali della famiglia in sede di autopsia, era verissima ed era entrata nel fascicolo del dibattimento tra gli atti processuali. Da qui la denuncia della Moretti. La giunta per le immunità aveva anche sentito Giovanardi, il quale aveva depositato una memoria nella quale spiegava le sue ragioni già addotte davanti al gip. All’epoca del processo di primo grado, secondo la sua ricostruzione, vi fu un dibattito sul fatto che quello di rosso nella foto fosse sangue. Nelle fotografie immediatamente successive al decesso non c’era sangue per terra (in realtà c’erano macchie di diametro fino a 20 cm, ndr). Sempre al giudice Giovanardi assicurò che “se si accertasse che è sangue non avrei problema a credervi”.