Mentre Matteo Renzi e il ministro Pier Carlo Padoan cercano di risolvere il puzzle dei crediti a rischio che zavorrano il sistema bancario italiano, Madrid fa i conti con le performance poco brillanti della sua bad bank, meglio nota nel Paese come “banco malo”. Si tratta di Sareb, acronimo di Sociedad de gestión de activos procedentes de la reestructuración bancaria, un’entità privata creata dal ministero dell’Economia nel novembre del 2012 per aiutare il risanamento del settore pesantemente colpito dalla crisi dei mutui subprime nonché dagli scandali nazionali, Bankia su tutti. La missione è però un po’ diversa che dovrebbe avere il veicolo a partecipazione pubblica allo studio di Palazzo Chigi (Bruxelles permettendo), pensato per recuperare i prestiti deteriorati. Nel caso spagnolo infatti la priorità è aiutare gli istituti con una forte esposizione verso il settore immobiliare, il tassello più debole dei bilanci.
Se prima della crisi la Spagna correva e costruiva, anche più del dovuto, con lo scoppio della bolla delle case molti cittadini si sono trovati con un mutuo oneroso sulle spalle, senza la possibilità di far fronte al pagamento delle rate. “A cascata” gli effetti sono stati tangibili: gru ferme, lavoratori del settore licenziati in massa e molte abitazioni completate ma vuote, così come le casse degli istituti di credito. Il banco malo, che in realtà non ha la licenza bancaria, ha reso pubblici martedì i propri dati di bilancio. Nel 2014 ha registrato una perdita di 585 milioni di euro, il 124% in più rispetto al 2013. Dati certo non incoraggianti, ma va considerato che la bad bank non ha fretta: per statuto ha l’obiettivo di liquidare i debiti in un orizzonte temporale che si chiuderà nel 2027, tra dodici anni.
Resta il fatto che il veicolo, per il 55% privato e il restante 45% pubblico (del Fondo de Reestructuración Ordenada Bancaria, Fsob) e creato appositamente per svincolare gli istituti di credito medio-piccoli da operazioni fuori mercato, non ha beneficiato della lenta ripresa dell’economia spagnola. Ha ancora in bilancio molti attivi tossici, non solo prestiti ma anche case e terreni, difficili da vendere soprattutto nelle zone meno urbanizzate e rurali. Il presidente Jaime Echegoyen, sostituto di Belén Romana che ha lasciato la poltrona all’inizio dell’anno, ha però sottolineato che senza la richiesta del Tesoro di mettere a bilancio forti accantonamenti per il secondo anno consecutivo, la perdita del banco malo sarebbe stata di soli 45 milioni.
“Non abbiamo la necessità di chiedere una nuova iniezione di capitali – ha sostenuto dal canto suo il direttore generale Manuel Gómez Gilabert -, la nostra speranza rimane quella di collocare sul mercato un numero sempre crescente di operazioni e chiudere il 2015 con segno positivo”. Ma, nonostante il timido risveglio del mercato immobiliare e le stime del governo che parlano di una crescita potenziale di quasi il 3% per quest’anno, le famiglie hanno la memoria lunga. E difficilmente faranno di nuovo l’errore di comprare la seconda casa al mare o in montagna per poi ritrovarsi piene di debiti.
Secondo alcuni analisti però il vero nodo è il rendimento del 15% che per statuto Sareb deve garantire ai suoi azionisti, cioè Santander e Caixa Bank, che insieme detengono quasi il 30% del capitale, e altri 25 soggetti, principalmente istituti di credito (con l’eccezione di Bbva) ma anche quattro compagnie di assicurazione e la società elettrica Iberdrola. Quel tasso è stato deciso nel 2012 per invogliare soci privati a partecipare e far rimanere la parte pubblica (Fsob) al di sotto del 50%, in modo da non nazionalizzare le otto banche coinvolte nel salvataggio.
Risultato: il settore ha ottenuto una boccata di ossigeno e Madrid, all’epoca già impegnata a ristrutturare Bankia, Catalunya Bank, Nova Galicia Banco e Banco di Valencia, ha limitato la propria partecipazione al 45%. Ma gli azionisti hanno preteso un guadagno difficilmente compatibile con le condizioni del mercato. Una lezione da tenere presente nel mettere a punto lo schema che il governo Renzi intende applicare al caso italiano.