“La Romania e il suo popolo mi hanno dato tutto”. Luca Militello è di Naro – in provincia di Agrigento – ha 37 anni e da 13 vive a Bucarest, dove è diventato direttore generale del primo centro cardiovascolare del Paese. La sua avventura inizia, quasi per caso, subito dopo la laurea in ingegneria, all’università di Palermo.

Siamo nel 2002, l’anno in cui, con la liberalizzazione dei visti turistici, inizia un importante flusso migratorio che porterà il numero dei cittadini romeni in territorio italiano a sfiorare il milione. Ma Luca decide di intraprendere il percorso inverso: “Dopo la laurea si presenta l’occasione di coordinare per un anno una società di progettazione a Timisoara. A 24 anni – racconta – alla ragione prevale l’incoscienza. Così accetto l’offerta e mi trasferisco in una città di cui so solo due cose: che si trova tra i Balcani e la Transilvania e che uno dei miei autori preferiti, Sandor Marai, è nato lì”.

La ragione però ha la meglio sulla nostalgia di casa e sull’opportunità di un posto fisso quando, un anno dopo, scade il contratto: “La società per la quale avevo lavorato mi propose l’assunzione, a patto di spostarmi nella sede di Brescia. Avevo intuito però che in Romania, all’epoca in fortissima crescita economica, avrei potuto arrivare in alto. Decisi quindi di cercare lavoro lì e lo trovai poco dopo come project manager per una società di costruzioni”. Così Luca contribuisce a realizzare più di 200 progetti in 5 anni, fino a quello di un ospedale di Bucarest. Appena aperto, gli si presenta una nuova opportunità: dirigerlo.

Tuttavia, le soddisfazioni professionali sono solo un aspetto della sua vita in un Paese straniero. Mentre in Italia si discuteva sull’afflusso dei romeni – in particolare dopo l’omicidio di Giovanna Reggiani, aggredita in una stazione periferica di Roma dal romeno Romulus Mailat – Luca si sentiva sempre più a suo agio in quella realtà così lontana: “Non mi hanno mai fatto sentire diverso – dice – mi sono integrato perfettamente. A Timisoara conobbi Cristina, che dal 2008 è mia moglie. Due anni dopo è nata Nicole, che oggi parla perfettamente il romeno e l’italiano”.

Secondo Luca, poi, “oggi in Italia è diffusa una visione della Romania e del suo popolo molto distorta a causa delle strumentalizzazioni di alcune parti politiche che ingigantiscono sporadici episodi solo per creare un clima di paura per meri interessi di parte”. Ma ci sono anche molti italiani che, negli anni, sono emigrati. E che si sono spostati nell’est Europa in cerca di guadagni solo apparentemente più semplici: “Fino alla crisi del 2008 eravamo più di 10mila connazionali. Molti di loro avevano lasciato mogli e figli per cercare ‘fortuna’ utilizzando manodopera a basso costo e creando un falso made in Italy fuori confine. La crisi, però, ne ha rimandati a casa tanti e oggi in Romania esiste un equilibrio economico e finanziario che sta richiamando tanti investitori da tutto il mondo”.

Ma l’intenzione di Luca non è quella di idealizzare la Romania a scapito del suo Paese d’origine. “Se in Italia avessi le possibilità che ho qui, me ne andrei oggi. Ma – conclude – razionalmente so che non tornerò presto, se mai tornerò”.

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