Scriveva Matteo Renzi su Twitter: “Che bella l’Italia che riparte, avanti tutta: +38% di contratti a tempo indeterminato“. La grande ripresa italiana che il racconto distorto dei media mainstream ha annunciato grazie ad uno 0,1% di crescita trimestrale in un contesto di caduta del Pil dello 0,4% su base annua (e crollo del 10% dal 2010). Renzi poi chiosava così: “L’Expo delle idee ci aiuta a riflettere su questa grande occasione di rilancio del Paese. Tutti insieme stiamo portando l’Italia fuori dalla crisi, finalmente, dai che questa è #lavoltabuona”.
Ma il premier non è stato il solo ad esaltarsi. Il ministro del Lavoro Poletti, che cenava a sua insaputa con Buzzi e Casamonica per poi distruggere ben consapevolmente decenni di conquiste sociali con la sua firma sul Jobs Act, dichiarava ad inizio marzo: “Nel 2015 ci sarà una ripresa dell’occupazione di qualità che sarà legata all’andamento dell’economia sulla quale i segnali di ripresa ci sono tutti. Ci sono importanti segnali univoci che vanno in direzione di una ripartenza della nostra economia“.
Bene, ora leggiamo dall’Istat questi nuovi dati: “Dopo la crescita del mese di dicembre e la sostanziale stabilità di gennaio, a febbraio 2015 gli occupati diminuiscono dello 0,2% (-44 mila). Il tasso di occupazione, pari al 55,7%, cala nell’ultimo mese di 0,1 punti percentuali. Rispetto a febbraio 2014, l’occupazione è cresciuta dello 0,4% (+93 mila) e il tasso di occupazione di 0,2 punti”.
Quindi nessuna ripresa, nessuna #voltabuona, ma solo la conferma di un Paese in cui le diseguaglianze sociali invece di attenuarsi aumentano: aumentano i poveri – sono oltre 10 milioni le persone che vivono in condizioni di povertà relativa (16,6% della popolazione), con oltre 6 milioni (10% dell’intera popolazione) in condizioni di povertà assoluta – ma con loro aumentano anche i super ricchi. Un Paese in cui i diritti si dimezzano e si creano le condizioni ideali per il dominio delle multinazionali americane attraverso il Ttip, esattamente come un qualunque Paese in via di sviluppo non in grado di poter dire mai ‘no’ a Washington.
Un Paese, in poche parole, in cui c’è uno scollamento ormai totale tra il Palazzo della politica che non soffre della crisi e la gente ormai rassegnata e avvilita. Persino il M5S, nonostante tutti gli sforzi per aprire il Parlamento come una scatoletta è rimasto lui stesso intrappolato nella ragnatela. Servirebbe un nuovo slancio vitale. C’è bisogno, mai come in questo momento, di uscire dal Palazzo, portare i portavoce in giro per l’Italia, nell’Italia dei 6 milioni di poveri assoluti, nell’Italia dei diritti sociali sotto attacco, nell’Italia che non ha voce e che sperava di averla trovata nel M5S. Un ‘Giro d’Italia’ che impegni sul territorio da Nord a Sud tutti i portavoce in una catena umana e che ponga al centro il problema della povertà e delle disuguaglianze sociali.
Non ci può essere #voltabuona all’interno dell’Unione monetaria e il M5S deve unire la questione sociale alla battaglia contro l’euro. In uno dei suoi ultimi articoli sul suo blog RussEurope, l’economista francese Jacques Sapir ha scritto che non c’è Paese più dell’Italia in cui si manifesta più chiaramente la ‘follia’ di voler proseguire con la moneta unica. L’Italia, scrive ancora Sapir, può sperare di stabilizzare la sua situazione in seno all’Eurozona solo a condizione di realizzare una svalutazione interna del 20% circa e di recuperare la propria sovranità monetaria.
Un deprezzamento della valuta nazionale (la Lira) permetterebbe all’Italia di ritrovare la competitività con i Paesi forti dell’Unione Monetaria. L’alternativa all’uscita dall’euro è quello che sta accadendo: la distruzione totale del tessuto sociale e del mondo del lavoro di questo Paese. Il fatto che Landini non l’abbia capito nei suoi primi passi della ‘Coalizione sociale’ lascia il suo esperimento politico completamente inutile, ancora prima di iniziare.