“Riemersi a San Giovanni, durante i lavori per la Metro C, 80 metri di cinta romana, con torri, arcate e tracce di pitture medievali”, ha scritto scrive Edoardo Sassi su Il Corriere della Sera, illustrando il ritrovamento di un tratto delle mura Aureliane nel cantiere a pochi passi dalla Basilica di San Giovanni. Notizia importante, senza dubbio. Un’anticipazione, in attesa dell’ufficializzazione della Sovrintendenza capitolina.
La descrizione e, soprattutto, le immagini, un primo colpo d’occhio sulla straordinaria scoperta. La poderosa struttura, per intero interrata, recuperata alla vista. Qualcuno ambiziosamente ha avanzato l’ipotesi che i resti, una volta realizzato sulla sommità un camminamento, possano diventare parte di un percorso che proceda attraverso le mura lungo via Carlo Felice, fino a Santa Croce in Gerusalemme. Tutto molto bello! Considerando un elemento tutt’altro che accessorio. A provocare il “clamoroso ritrovamento” i lavori di scavo per la futura metro C. Constatazione innegabile. Senza il cantiere per “una fondamentale infrastruttura, attesa da decenni“, le mura sarebbero ancora sotto terra. Ma basta allontanarsi di poco dal luogo del rinvenimento per avere almeno il sospetto che non sempre i cantieri della metro abbiano costituito una fortunata circostanza per le mura Aureliane. E’ sufficiente passeggiare lungo via Sannio e rivolgere lo sguardo al di là del tendone che ricopre quel che rimane del mercato che ogni giorno si svolge qui.
A risaltare, ancor più della parete maestosa ma evidentemente sconnessa in più punti e generalmente fragile del circuito murario, sono le sofisticate contraffortature messe in opera da tempo. Quanto saranno capaci di ammortizzare le ripetute vibrazioni prodotte dalle diverse lavorazioni in atto all’interno del cantiere non è possibile saperlo con certezza. Certo è che quelle gabbie metalliche predisposte a protezione della struttura antica hanno da tempo quasi del tutto alienato la sua vista. Caso non isolato. Peraltro senza neppure allontanarsi troppo. A Piazzale Ipponio accade lo stesso. Anche qui un tratto delle mura è schermato. Non da una struttura di protezione, ma addirittura dalla delimitazione di un altro cantiere della metro. Quanto la stabilità della costruzione antica possa risentire per quel che accade a breve distanza da essa, all’interno del cantiere, è di difficile definizione. Quel che è meno incerto è il decoro del monumento. Senza dubbio assente. E’ pur vero che nel tratto che da Porta Metronia raggiunge l’angolo tra via della Ferratella in Laterano e via dei Laterani le mura sono in condizioni di conservazioni precarie, assalite in più punti dalla vegetazione infestante e dall’incuria, ma la marginalizzazione alla quale sono state lasciate nel tratto di piazzale Ipponio sembra ingiustificato. Senza ragione anche di fronte alla necessità del cantiere della costruenda metro.
Quanto i cantieri della metro al termine delle lunghe e costose operazioni si riveleranno favorevoli al patrimonio archeologico della città non è davvero possibile ipotizzarlo. Ma il dubbio che non si sarà trattato della “più grande indagine archeologica mai realizzata a Roma”, come sosteneva l’assessore capitolino alla mobilità Improta nel dicembre scorso, è legittimo. Nonostante le pubblicizzate scoperte.
In attesa del camminamento aperto al pubblico dalle Porte Asinaria e San Giovanni fino a Santa Croce in Gerusalemme non rimane che godere della vista di quel che rimane. Tra recinzioni e contraffortature. Con la speranza che si possa procedere alla pulizia e alla risistemazione del lungo tratto delle mura in via Carlo Felice. Per ora le mura sono il limite dei giardini pubblici. Una parete sulla quale scrivere con lo spray un anonimo “Ti amo”. Ancora troppo poco per il recinto di Roma.